La pirateria uccide il calcio” 

Questo lo slogan che nelle prime 3° partite di Serie A è apparso su tutti gli schermi, sia delle televisioni che dai megaschermi degli stadi. 

Una decisione che cerca di dare un senso a un calcio malato e sul punto del baratro. Ma sul serio, la colpa è della pirateria? 

Il calcio sta morendo, questo sì, ma non è per nulla colpa della pirateria. Sapete cos’è che manca? L’umanità. 

È inaccettabile, che ancora oggi, nel 2022 un’intera tifoseria e quindi un intero popolo venga bistratta. E che non si parli di piagnistei e sceneggiate, perché le cose sono sotto l’occhio di tutti. 

Ciò che è successo allo Stadio Artemio Franchi di Firenze è solo l’ultima, in ordine di tempo, di vessazioni ed oppressioni. Durante la partita Fiorentina – Napoli a tener banco non è stata la partita, con annesse delucidazioni tattiche, ma l’episodio più orribile che si possa mai vedere in uno stadio di calcio. Un tifoso della viola, che secondo la Digos si tratta di un cinquantenne di Scandicci, che a muso duro ha affrontato Luciano Spalletti, allenatore del Napoli. Il tecnico azzurro dopo una continua serie di insulti, provenienti dalla tribuna posta dietro alle panchine, si era portato a ridosso per rispondere, se non a tono, faccia a faccia. E qui, si è sforato in qualcosa di assurdo. 

Il tifoso ha tentato di colpire con uno schiaffo Spalletti, mentre si cercava di calmare la situazione. Ma come si dice? Il danno era ormai fatto. 

La maiala di tu madre, la maiala di tu madre. È ora di smetterla, coi bambini vicini che messaggio si dà? solo a Firenze sento questi insulti. La mi madre, 90 anni, poverina.” 

Queste le parole del tecnico azzurro nella conferenza post-partita. Questo non è calcio. Questo non è ciò che noi cerchiamo di raccontare, che ci emoziona e ci fa ribadire con orgoglio: il calcio è lo sport più bello del mondo. 

Anzi, no. Lo è, lo è eccome. Ma perché si deve sempre rendere il tutto un insieme di ignoranza e stupidità? Oltre a ciò, la partita è stata come sempre accompagnata da un insulto razzisti territoriali contro Napoli, e come sempre, e qui non ci si stupisce, dai cori razzisti contro Osimhen. 

L’avere un colore di pelle lo rende diverso? L’essere meridionali rende i napoletani persone che meritano queste vessazioni? L’odiare una città e augurare una catastrofe umana vi rende felici? 

Forse questo uccide il calcio, e aggiungo forse, perché come noto non è solo la tifoseria viola a pensarla così. 

La stagione 2022/2023 era iniziata per il Napoli, al Bentegodi di Verona. Non è sconosciuto l’astio tra le due tifoserie, ma i cori beceri “Napoli colera”, “Vesuvio erutta”, accompagnano come una colonna sonora i 90 minuti di partita. Ma non solo quando c’è la squadra azzurra in campo. 

Clamoroso ciò che è successo in Spezia-Sassuolo o in Genoa-Roma della stagione precedente. A prendere le distanze ci ha pensato l’ex capo della procura della Federcalcio Giuseppe Pecoraro: “Apprendo con dispiacere che anche al ‘Picco’ di La Spezia durante la partita con il Sassuolo sono stati ascoltati cori razzisti contro Napoli e i napoletani. L’accaduto è ancor più grave perché nella gara non era impegnata la squadra del Napoli” 

Un coro che esce banalmente dagli spalti degli stadi, per dirigersi come un treno in corsa, nelle discoteche e nella movida. Chi affolla gli stadi sono giovani che poi sulla canzone, resa popolare dalla tifoseria milanese Feed from desire, intonano un becero: “Vesuvio erutta”. 

Facile dirlo, vero? Senza pensare che una possibile eruzione, si tramuterebbe in una catastrofe naturale. Siamo arrivati al punto di augurare la morte di un’intera popolazione? La reazione però non si è lasciata attendere con loro stessi che intonano il coro, ammettendo: è la nostra terra e l’amiamo così. 

A fare da polemica nella prima giornata del turno infrasettimanale della 4° giornata di Serie A è stato il match Sassuolo-Milan. Dopo il pesante infortunio di Domenico Berardi ad opera del difensore rossonero Théo Hernandez, la curva ospite ha intonato un coro becero: “devi morire, pezzo di m….”. E da qui, scuse varie, ribadendo che questa è ciò che da anni rappresenta le curve. È stata la stessa Francesca Fantuzzi, moglie del simbolo neroverde a riprendere il tutto. 

Questo non è calcio. Non si arriverà mai a un punto di svolta. Il calcio è di chi lo ama, e non di chi cerca di spargere nuovo fuoco sull’astio e l’odio. E allora sembra tutto inutile parlare di tattiche, schemi di gioco o anche di manifestazioni sportive. O anche di promuovere la lotta alla pirateria. 

Ci vorrebbe sul serio un calcio alla vergogna, per riportare un briciolo di umanità nel calcio e sugli spalti. 

 

ROSARIA PICALE