Quando sei figlio d’arte è difficile non avere pressioni ed essere costantemente paragonato a tuo padre.
Quando sei figlio d’arte sembra quasi che tu debba essere per forza un predestinato e forte almeno quanto lui.
Quando sei un figlio d’arte tutti si aspettano da te cose che non si aspetterebbero da un qualsiasi altro ventenne.

Federico Chiesa è figlio d’arte.
Federico Chiesa è figlio di Enrico ma questo sembra non influenzarlo minimamente quando ha la palla tra i piedi.

Federico Chiesa può essere la più bella speranza della nuova generazione di talenti italiani.

Classe ’97, nasce a Genova come suo papà e a soli 10 anni passa nelle giovanili della Fiorentina e non toglierà più la maglia viola.
Esordisce in Serie A nella stagione 2016-2017 con Paulo Sousa e il 21 gennaio 2017 mette a segno la prima rete in campionato segnando il terzo gol nella vittoria per 3-0 sul campo del Chievo.
Termina la sua prima stagione da professionista con 34 presenze complessive e 4 reti. Migliora di poco il suo bottino nella stagione successiva dove, sotto la guida di Stefano Pioli, si impone come attaccante esterno titolare realizzando 6 reti in 36 presenze di campionato.

Divenuto inamovibile nella Fiorentina, anche questa stagione inizia con una rete in due partite e con la convocazione in Nazionale da parte di Roberto Mancini che lo porta con sé nella Nations League.

ANSA/MAURIZIO DEGL’INNOCENTI

Dopo le prime giornate di campionato, è arrivato l’interesse di tante squadre di A, in particolare Juve, Inter e Milan che sarebbero pronte a comprare il talento viola.

Chiesa ha ricevuto tante belle parole dal mondo calcistico: “È identico a suo padre – ha detto ad esempio Nuno Gomes, ex centrocampista della Fiorentina – Davanti alla porta molto freddi, ma fanno un grande lavoro anche per la squadra in fase di non possesso pressando i difensori avversari. Può diventare più forte di Enrico. L’ho visto in tv contro la Polonia: uno come Chiesa deve essere titolare fisso dell’ Italia”.

Proprio contro la Polonia, infatti, Chiesa aveva impressionato tutti e convinto Mancini a schierarlo titolare contro il Portogallo.
Contro i polacchi a Bologna, il 20enne ha giocato solo 20 minuti di partita eppure ha convinto più di tutti quelli che in campo c’erano dal primo minuto: ha grinta, ha rabbia, ha fame e soprattutto talento e personalità da predestinato.

Il futuro azzurro è suo. Ma bisogna saperlo dosare e accompagnare.

Contro il Portogallo, ad esempio, non è stato tra i più brillanti. Ha fatto vedere sì qualche lampo ma comunque poco per le sue potenzialità.
Il discorso sarebbe molto più ampio e coinvolgerebbe i suoi compagni di reparto, quelli di centrocampo,  Mancini e tutto quello che c’è intorno alla Nazionale.

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Per quanto riguarda Chiesa, però, il discorso è semplice: non può e non deve risolvere da solo i problemi dell’Italia, è sbagliatissimo considerarlo come il “salvatore della patria“. E’ un errore che l’Italia ha fatto troppe volte, caricando di aspettative e pressioni giocatori sperando che potessero portarla in capo al mondo così.

Chiesa è un predestinato, è un fuoriclasse, è tra i giovani più talentuosi al mondo ma occhio a non santificarlo subito… d’altronde, ha solo 20 anni.

Paola Moro