Ha una lacrima tatuata sotto l’occhio, simbolo di un’infanzia difficile. Un segno che gli ricorda di quando da bambino giocava a piedi nudi per le strade del barrio di Guasmo a Guayaquil, in Ecuador, quartiere devastato dalla malavita e dalla povertà: il calcio per lui, come per molti, è stata una fuga, ha rappresentato un’alternativa di vita che ha alimentato il sogno di diventare professionista per gettarsi alle spalle “Morti, scontri, sparatorie tra bande…”.
A 15 anni partecipa a un reality show “Camino a la Gloria” (un format simile a “Campioni”) per poter “vincere” un provino con una grande squadra: vince e va a fare uno stage col Boca Juniors. E’ il primo passo verso una nuova vita che lo ha portato in giro per il mondo.

Ha giocato in Spagna, Inghilterra, Emirati Arabi e perfino in Russia, prima di approdare, nel 2017, in Italia, alla Lazio.

Tutte le volte in cui quest’anno è partito titolare,
la Lazio non ha mai perso

Per la sua stazza (183 cm), per la sua agilità, è soprannominato Pantera nera o anche semplicemente Pantera. Dopo un errore decisivo per la Champions e un’estate in cui sembrava destinato a partire, Caicedo si sta riscattando: quest’anno, in 11 partite con la Lazio ha realizzato già 4 gol e 4 assist.

L’attaccante trentenne, oggi, è un giocatore nuovo rispetto a quello visto la scorsa stagione.
Considerato e acquistato in qualità di prima punta, con l’insistenza di Inzaghi e la voglia di non mollare che lo ha sempre distinto, si è trasformato e sta trovando la sua dimensione ideale in quel di Roma.
L’etichetta di vice-Immobile non gli è più congeniale, la Pantera è una risorsa da utilizzare alle spalle dell’attaccante campano.
Ha visione di gioco, oltre che tecnica. Aiuta la squadra, rifinisce, si allarga, serve assist: la Lazio con lui in campo crea tanto e con Immobile sta dimostrando di intendersi e completarsi dando vita a un tandem offensivo davvero pericoloso sotto porta che potrebbe fare le fortune biancocelesti.