Non è importante quanto aspetti ma chi aspetti. Basterebbe fare un giro tra i vicoli di Napoli o più semplicemente (benedetta tecnologia) fare un giro sui social per rendersi conto di quanto quell’attesa è un po’ come il viaggio verso la destinazione, una magia indelebile per le emozioni vissute nel frattempo.

Il calcio così scontato, così numerico, mediatico e spettacolarizzato. Noi, compagni di streaming e live score, portatori sani di un sistema malato o forse, meno tragicamente, distorto, fatto di telecamere e filtri. Un sistema, bello o brutto, ma che ha, a tratti, annichilito le sensazioni di un viaggio speranzoso ed entusiasta, un viaggio lungo un’attesa che vale proporzionalmente a cosa aspetta e insegui. E in quel sistema di cui sei spettatore e attore, al quale assisti e fai parte, l’impensabile a volte diventa pensabile, la Roma stra vince contro il Barcellona di Messi e si gioca una semifinale di Champions dopo un periodo tanto lungo da rendere l’impresa memorabile più di altre. Succede allo stesso modo che il Napoli vince per la prima volta allo Stadium laddove aveva sempre perso punti anche quando due anni fa in ballo c’era uno scudetto e Simone Zaza allo scadere ne cucì un pezzo sulla maglia bianconera.

Il gol di Higuain, al San Paolo nel periodo in cui il Napoli macinava punti e la Juve in ritardo, era un inequivocabile segno di quanto la Juventus non sia mai doma, specie se in ballo c’è un titolo e quel titolo è lo scudetto. Ricominciata la rincorsa bianconera, il Napoli non regge la pressione nel lungo periodo e cade quando meno avrebbe dovuto, sfuma la Champions, la Coppa Italia, l’Europa League e si perde una vetta che sembrava diventata proprietà privata. Si perde e a tratti si allontana e allora, ancora una volta, quel sogno torna ad affievolirsi, la speranza ad eclissarsi e a tingersi di cupidigia lasciata trapelare.

A Torino si pensa già in grande e fatti due calcoli, se va bene, lo scudetto si potrebbe festeggiare a Milano sotto gli occhi degli acerrimi nemici. Poi però ci sono gli altri e gli altri sono gli stessi distanti da un sogno soltanto una lunghezza e mezzo e quel calcio così scontato si serve di un sogno per tornare alla realtà, una realtà quasi troppo bella per sembrare reale.

Ma com’è la realtà di chi quel sogno lo coltiva, lo cresce e lo attende, tramandato e consacrato come fosse un atavico valore, venerato come fosse un dio? Lo sapranno i Napoletani che trovano nel gol di Koulibaly la chiave d’uscita per la disillusione, escono dalla trappola dei cliché e messi da parte superstizione e paure, stavolta è troppo vicino così tanto da far tornare emozioni e brividi troppo forti per per non crederci davvero e fino in fondo che alla fine, comunque vada, quelle sensazioni non le scordi più e anche solo averle vissute è già un traguardo verso quello che è l’obiettivo di una vita che, qualora raggiunto sarebbe tanto grande e inequiparabile che la sofferenza dell’attesa viene improvvisamente cancellata, perché ogni fatica è vana se ad aspettare c’è un sogno. Perché in fondo non è importante quanto aspetti ma chi aspetti.

 

Egle Patané

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