Ci sono sfide più difficili di quelle affrontate in campo.

Lo sa bene Sebastiano Nela, conosciuto come Sebino, ex calciatore della Roma e commentatore tecnico Mediaset, che ha parlato della malattia con la quale combatte da anni: un tumore al colon che l’ha costretto a diverse operazioni e si appresta a subirne una quarta a breve.

L’ ex difensore giallorosso, uno dei giocatori più importanti dello Scudetto del 1983, ha rilasciato una lunga e cruda intervista riguardante la malattia.

Due anni e mezzo di chemio al colon non sono uno scherzo. Ti guarisce una cosa e te ne peggiora un’altra” racconta “Ho avuto degli attacchi ischemici. Ma la pressione è a posto, prendo tre pasticche al giorno e faccio la mia vita normalissima“.

Ha poi analizzato un argomento ancora più intimo e delicato, ricordando l’ex compagno di squadra e capitano Agostino Di Bartolomei che si tolse la vita nel 1994, all’età di 39 anni, sparandosi un colpo di pistola al petto. Il suicidio sarebbe riconducibile alla depressione che aveva colto l’ex centrocampista della Roma: “Perché Agostino Di Bartolomei si è ucciso? Lo stimavo immensamente. Un capitano vero. Come devono essere i capitani. Era malato dentro, nell’anima. Ci ho pensato anch’io, spesso, negli anni duri della malattia, ma non ho mai trovato il coraggio.”

Agostino Di Bartolomei, la solitudine di un Capitano unico che decide di finire la sua partita

 Sebino ha messo a nudo le proprie fragilità, parlando anche della dura realtà davanti la quale la malattia ti mette:

Ho visto la morte in faccia. Ho metabolizzato questa cosa.
Non so quante volte mi sono ritrovato di notte a piangere nel letto.
Ci ho pensato un miliardo di volte.
E sai che ti dico, se domani dovesse succedere, ‘sti cazzi…
Ti parte un film di tutto quello che hai fatto, il bene e il male.
Alla fine, sono soddisfatto della persona che sono.
Non ho rimpianti, posso morire anche domani”.

Nela, soprannominato dai giallorossi “Rambo”, ha rivestito sempre la parte del “macho”, forte, diretto e senza paura nemmeno davanti ai Re di Roma come lo era Paulo Roberto Falcao, al quale non ha mai perdonato di non aver battuto il famoso rigore contro il Liverpool, nella finale di Coppa dei Campioni persa allo stadio Olimpico “Come se in guerra chi ti comanda scappa”.

Dalla curva Sud cantavano “Picchia, Sebino!”, frase che è stata ripresa dai giocatori della Roma su Twitter con l’hashtah #picchiasebino (per esprimere la vicinanza all’ex giallorosso).

La Curva Sud ha dimostrato, durante Roma-Gent, il sostegno a Sebino esponendo lo striscione “Al tuo fianco ci troverai, forza Sebino”.

Sempre diretto e senza paura, Sebino non ha mai fatto sconti, nemmeno a sé stesso.

Nel corso della sua carriera da calciatore non ha vestito solo la maglia capitolina, che ha indossato per 12 anni, ma anche quella del Genoa, in Serie B per tre anni, e quella del Napoli gli ultimi due anni di carriera.

Con Roma ha, però, un rapporto speciale, da sempre.

Attualmente responsabile della Roma femminile, avventura che lo sta aiutando particolarmente: «Un’esperienza magnifica. Un calcio pulito, che non esiste più in altri ambiti. Vai a vedere una partita di ragazzini e spesso ci sono i genitori a insultare e sbraitare. Vieni a vedere una nostra partita e il clima è del tutto diverso. Dilettanti? Per statuto, ma non per dedizione e impegno. Da calciatore, io, non mi facevo tante domande. Giocavo e basta. Loro chiedono al preparatore atletico perché si fa un esercizio e non un altro. Hanno una grande attenzione all’alimentazione. Sono più professioniste di tanti maschi, lo posso garantire. E poi ho due figlie, di 25 e 27 anni, che potrebbero giocare insieme a loro. Mi sento a casa. Le calciatrici sono curiose, mi chiedono delle partite del passato. Ho scoperto un mondo che non conoscevo e che mi ha fatto bene».

 

Circondato dalle donne, a casa lo aspettano la compagna e le due figlie, punti di riferimento in questi ultimi anni di lotta, l’ultima confessione dell’intervista, la più importante, è stata:

Dovesse capitare, non è un cruccio. Non ho rimpianti o sensi di colpa. L’unica cosa che vorrei chiedere, non so a chi, forse a Lucifero,
è accompagnare all’altare le due mie figlie, Ludovica e Virginia…

Quest’avversario tosto, Nela, come altri, lo sta affrontando a viso aperto.

Non mollare Sebino, continua a lottare e “picchia duro”!

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Appartengo alla generazione cresciuta con il lupetto disegnato da Piero Gratton sulla maglia. Uno di quei ragazzini affascinati dai dribbling di Bruno Conti e cresciuti con l’icona di Paulo Roberto Falcao. Una ROMA nella quale, per eleggere il proprio idolo, ognuno aveva il privilegio di poter scegliere tra una lunga serie di campioni, personaggi e personalità. Il mio, di idolo, si chiamava Sebino Nela. Quello che solcava la fascia con i capelli al vento e gli scarpini legati dietro la caviglia, che aiutava ogni compagno in difficoltà e che, se il pubblico chiamava, lui arrivava sempre perché ogni sopruso fatto alla ROMA Sebino accorreva e ristabiliva il giusto ordine delle cose. No un bullo eh, ma un ragazzo di carattere che, via via nella carriera, seppe ritagliarsi anche uno spazio da centrale di difesa per la sua capacità di saper leggere l’azione. Lui era il mio idolo assoluto… soprattutto quando, nei suoi ultimi anni nella capitale, io ero adolescente e portavo la sua foto nel diario perché nessuno meglio di lui poteva, e può, rappresentare al meglio quel periodo della vita. Perché Sebino Nela era la rivoluzione! Nella canzone La Locomotiva Francesco Guccini scrive che: “Gli eroi son tutti giovani e belli” e lui, Sebino, per la tifoseria è stato, è e sarà sempre, come recitava uno striscione di un ROMA Atalanta del 4 maggio del 1991, un “Eroe senza tramonto”. Specie in questi anni in cui, sempre elegante, sta lottando contro una malattia bastarda con la stessa forza di quando, da ragazzo, sfidava il mondo intero con quel lupetto sul petto… ma adesso, anche, con la razionalità e la poesia di un uomo capace di raccontare la propria angoscia e le sue lacrime per esorcizzarle e dare consapevolezza, chissà, a chiunque altro leggendolo si dovesse trovare nella sua situazione. Quel terzino ribelle adesso è un uomo. Come noi. Noi che però, passassero altri cento anni, continueremo a vederlo sempre giovane, forte e indomito perché la magia di questa squadra sta anche nel regalare, a chi per lei ha lottato, il dono del tempo, il premio del per sempre. “Gli eroi son tutti giovani e belli”. PICCHIA SEBINO! Non mollare, mai. #sebinonela #perlaroma

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Michela Asti