E’ finita. E’ finita la Coppa America ed è finita, a quanto pare, l’avventura in maglia albi-celeste per Leo Messi. Si è disputata la corsa notte la finale di American Cup 2016 che ha visto trionfare la nazionale cilena ai rigori, battendo, ancora una volta, l’Argentina dal dischetto e battendo soprattutto un Lionel Messi demoralizzato e amareggiato come mai fino ad oggi.

Lionel Messi la Pulce, 29 anni appena compiuti, uno degli attaccanti più virtuosi e prolifici di cui il calcio abbia mai goduto, l’uomo dai quattro Palloni d’oro e dall’agilità, non a caso, di una pulce. Imprevedibile, agile, scattante, fantasista, tattico, smart e chi ne ha più ne metta; non basterebbero aggettivi per stilare un quadro completo degno della sua maestria e destrezza eppure, proprio lui, l’argentino che ha incantato e ammaliato miliardi di persone con i suoi dribbling, cross, gol, punizioni e rigori, ha fallito. Un fallimento che non è riuscito a digerire. Inconsolabile e disperato, lo hanno mostrato le plurime immagini che in mondovisione hanno ritratto le lacrime amare che gli hanno rigato il viso subito dopo aver calciato, di sinistro, quel maledettissimo rigore finito alto sopra la traversa che ha mandato in frantumi un sogno e una vittoria, l’ennesima con la maglia della sua nazionale.

Adesso l’idea di sbagliare un rigore non spaventerà più nessuno; capita a tutti di sbagliare, pure ai più forti. Eh sì, pure a Leo Messi. Difficile, però, da accettare un errore simile, specie per lui, che di errori ne ha fatti pochissimi nella sua carriera, lui che è venerato più di un dio, idolatrato da chiunque, pure e soprattutto dagli avversari, per una volta, ha fatto un errore e gli è costato caro. Gli è costato una finale persa, l’ennesima, la terza consecutiva e la quarta in carriera. E questo non gli dà pace.

Un monito devastante, quello che stanotte lo ha colpito. E’ umano, proprio come tutti gli altri, e non importa se è il marziano tanto temuto dal mondo, basta poco per cadere pur essendo il più splendente degli dei dell’olimpo. Una caduta libera e uno schianto così forte da non dare modo e forza di rialzarsi ed ecco che il calciatore migliore al mondo, colui che non cade mai, questa volta non riesce proprio a rialzarsi lasciando che sconforto e disperazione prendessero il sopravvento. Così, dopo aver distrutto il sogno di una nazione intera, a pochi minuti dal fatale rigore, la doccia ghiacciata e pungente come spilli che ha frantumato il cuore di una nazione intera.

Tu sei il coltello. Il coltello che ha trafitto cuore e anima di un popolo intero, o forse, addirittura del mondo intero.

Per me è finita. Ci sono state quattro finali e non mi sono bastate per vincere. Ci ho provato. Era la cosa che desideravo di più, ma non ci sono riuscito, quindi penso che sia finita”. 

Silenzio attorno, l’incredulità dei presenti diventa sconforto quando lo ribadisce. La decisione è presa. A 29 anni, Leo Messi lascia la nazionale, tradisce un popolo – come in molti, nelle ultime ore gli imputano – che stenta a capirlo e si lascia sopraffare da delusione e rabbia.

Sui social il popolo argentino si fomenta e dà sfogo all’amarezza e al disappunto; i suoi stessi connazionali, gli stessi che hanno pianto e hanno sognato al solo udire il suo nome, coloro che l’hanno idolatrato e paragonato alla “Mano de Dios”, si sentono traditi, delusi e non comprendendo l’amarezza che lo ha sopraffatto, gli voltano le spalle così come sembra che lui abbia fatto con loro divorziando dalla sua Nazionale.

Egle Patané