La trama già vista ai tempi di Mancini avrebbe dovuto insegnare oltre che segnare e invece ancora una volta gli spettri non sono più fantasie e questo non è più un brutto sogno prima di Natale.

Tutto ciò sul quale nessuno avrebbe scommesso è accaduto da primi a terzi, da +1 a -5 e soli 4 punti di vantaggio sulla Lazio al quinto posto, da imbattuti a tre sconfitte consecutive, un pareggio e una vittoria con il Pordenone arrivata soltanto ai rigori. Se prima erano sentori adesso sono certezze, la prestazione a Torino al di sotto delle aspettative e i centoventi minuti senza riuscire a vincere contro una squadra di Lega Pro sono stati i sintomi di una influenza concretizzatasi poi contro Udinese e Sassuolo e clamorosamente aggravatasi nel derby di Coppa Italia. Che qualcosa negli ingranaggi sia saltato è fuori da ogni dubbio ma la cosa che preoccupa e dubbi ne fa nascere parecchi è l’inspiegabile crollo e il beffardo ricorso storico. Tra la sconfitta con l’Udinese e quella con il Sassuolo parlavamo di nightmare before Christmas, oggi dopo la sconfitta contro il Milan non si parla più di un brutto sogno prima di Natale ma di una brutta realtà prima Capodanno, e candito sul panettone, alla vigilia di Inter Lazio. Altro tasto dolente, per il presente e per il passato perché il colpo di scena delle due sconfitte consecutive ci ha fatti ripiombare nella districata trama di un film già visto.

Da Tim Burton a Frank Darabont, quelli a far paura non sono più spettri dentro gli armadi ma gli uomini scesi in campo nelle ultime quattro partite a quanto pare colpiti da una epidemia alla Walking Dead. Se il gruppo non rende perché non rendono i singoli è anche vero il contrario, non segna Icardi se i cross di Candreva finiscono tutti sull’avversario né se Perisic è assenteista per quarantacinque minuti, ma c’è anche un rigore sbagliato (e lì è Icardi che non segna), ci sono fuorigioco tra cui un gol, ci sono clamorose occasioni sprecate sotto porta, il 10 sulle spalle di Joao Mario che Snejider perdonalo; c’è anche un solo gol segnato e cinque subiti nelle ultime cinque partite, Coppa Italia compresa. Disattenzioni, disordine mentale e tattico, errori individuali e collettivi, costruzione di gioco che compare a sprazzi (se compare), imprecisione nei passaggi, il gol sembra tornato ad essere un’impresa titanica e anche Skriniar che inizia ad avvertire il peso delle aspettative altrui, Brozovic che reclama più di quanto spreca e Santon che ha ricordato il buon Muntari in quel lontano Catania Inter riuscendo a combinare un disastro dietro l’altro in pochi gesti, solo che Muntari detiene ancora il record per la velocità nell’aver confezionato l’opera.

Quanto può essere credibile e accettabile l’alibi del calo fisico? Poco! Ma visto che come detto e ridetto questi uomini si lasciano condizionare da ciò che accade intorno evitiamo di convincerci e convincerli che sia plausibile perché, al contrario, lo è di più pensare ad un calo mentale ma anche questa chiave di lettura fa riflettere e incavolare parecchio proprio perché la trama Manciniana sopracitata avrebbe dovuto insegnare oltre che segnare e invece ancora una volta gli spettri non sono più fantasie e questo non è più un brutto sogno prima di Natale.

 

Egle Patanè
foto: @inter