Campanello d’allarme in casa dei Campioni d’Italia. Sconfitte pesanti e prestazioni non entusiasmanti: sul golfo di Napoli aleggia l’ipotesi di un addio di Garcia

Il tifo, da che mondo è mondo, è contornato spesso da sconforto e delusioni varie. Nel calcio è moltiplicato per cento, forse anche per mille. A Napoli per un milione.

Napoli e il calcio sono praticamente imprescindibili l’una dall’altro. Un matrimonio indissolubile e inossidabile nonostante le ammaccature tipiche delle relazioni “veraci”.

Dopo i fasti della conquista del tricolore di poco più di quattro mesi fa, quando la gioia e l’euforia, tenute nel cassetto al massimo a prendere la polvere ad ogni fortuita apertura, sono esplose ovunque nel mondo ci fosse un tifoso partenopeo, sembra che si sia riscesi di botto con i piedi per terra e il morale sottoterra.

Un inizio di stagione con in panca il francese Garcia, al posto di Spalletti.

Due partite, due vittorie.

La terza partita ha coinciso con la prima sconfitta, peraltro cocente, contro la Lazio dell’ex di turno, Maurizio Sarri.

Poi la prima pausa per gli impegni della Nazionale, guarda caso guidata proprio da Spalletti.

Giorni di riflessione, analisi, sfoghi, amarezza e trepidazione per la ripresa che avrebbe portato gli Azzurri campioni d’Italia a un settebello di incontri tra campionato e Champions League.
Result: tre vittorie, due pareggi e due sconfitte.

Di nuovo pausa per la Nazionale, alla quale si arriva con l’ennesima sconfitta, anch’essa pesante da digerire, contro la Fiorentina di Italiano.

Altri quindici giorni di “passione” per i tifosi azzurri ma con un umore ancora più difficile da controllare e con il timore, pare anche abbastanza fondato, che Rudy Garcia non sia l’allenatore adatto per questo Napoli chiamato a confermare quantomeno di non essere un lampo nel cielo del calcio ad alti livelli ma una realtà capace di ripetere se non proprio la trionfale stagione passata, almeno di mantenersi al top per quanto riguarda i risultati.

Ed è qui che l’analisi impietosa delle prestazioni prende vita: vittorie buone ma non esaltanti, pareggi che sanno quasi di sconfitta, prestazioni non “da Napoli” e le famose “letture in corso” di ogni partita che non hanno convinto né gli addetti ai lavori né tantomeno i tifosi.

Una squadra che è rimasta pressoché la stessa dello scorso anno ma che non sembra molto simile ad essa, anzi, ne sembra la minuta.

Garcia che in più occasioni ha mostrato il classico “non c’ha capito nulla”, posizionando giocatori non nel proprio ruolo, togliendone altri ancora in grado forse di dire e dare qualcosa durante il match, non centrando i cambi e addirittura apparso come chi non ha tentato il tutto per tutto per portare a casa un risultato utile.

Squadra sul banco degli imputati, allenatore pure e, manco a dirlo, pure il presidente De Laurentiis, reo, a detta di molti, di non aver sostituito Spalletti con un profilo alla sua altezza e non aver reso la squadra ancora più competitiva dopo lo scudetto.

E allora dov’è il male del Napoli? Qual è?

Siamo davvero passati dalla Jaguar al tram a cavalli, parafrasando Oronzo Canà nel celebre film L’allenatore nel pallone?

Sarebbe bello poter dire “Ai posteri l’ardua sentenza” ma il calcio corre troppo veloce per aspettare certe sentenze e all’orizzonte si paventa già un cambio con il solito valzer di nomi più o meno altisonanti.

Nel frattempo, è il caso di dirlo, poveri tifosi!
Uno scudetto vinto dopo trentatré anni dall’ultimo, sta andando loro di traverso per le ultime vicissitudini.

Se il tifo è davvero passione, nel caso del Napoli è proprio una Via Crucis.

 

Simona Cannaò