Quando Maradona lasciò Napoli disse: “Puntate su di lui, è il mio erede” e Gianfranco Zola ereditò la maglia numero 10.

Nessuno avrebbe detto che Gianfranco Zola fosse un predestinato negli anni ’80, quando il Cagliari lo scartò a causa del suo fisico troppo minuto.

Il suo destino sembrava ormai legato all’Entella e ai campionati minori quando il Napoli si accorse di lui.

Il Napoli di Maradona, Careca e Alemao acquistava Gianfranco Zola, un mezzo sconosciuto che veniva dalla Sardegna.
Quello fu l’inizio dell’ascesa…

El Pibe de Oro e il compagno di reparto Careca accolsero a braccia aperte il giovane attaccante, senza l’arroganza dei campioni affermati.

Fecero in modo che s’integrasse perfettamente in squadra: stavano forgiando il loro erede.

Le assenze dei titolarissimi a causa degli impegni con le Nazionali resero necessario il suo ingresso in campo. Zola non si fece trovare impreparato.

Le sue reti contribuirono alla conquista dello scudetto, l’unico della carriera di Zola e il secondo – ed ultimo – per il Napoli.

Quando per Maradona arrivò il momento dei saluti disse alla dirigenza partenopea: “Puntate su Zola, è il mio sostituto ideale”.

Gianfranco Zola ereditò la maglia numero 10, la maglia leggendaria, e trascorse a Napoli altre stagioni fino al 1993.

Gianfranco Zola
Foto: Twitter

A quell’epoca il mito di Zola era già affermato: non solo segnava ma divertiva.

Probabilmente il miglior fantasista italiano degli anni ’90, che tanto ci invidiavano all’estero. Il suo era calcio-spettacolo, tra dribbling che ubriacavano gli avversari e reti su punizione che sembravano sfidare le leggi della fisica.

Il saluto ai partenopei fu amaro a causa della situazione economica del presidente Ferlaino, che smantellò la squadra.

Zola firmò con il Parma, all’epoca una delle big d’Europa: il club riuscì ad accrescere ancora di più l’interesse internazionale verso l’attaccante. Vinse Coppa e Supercoppa UEFA con i crociati e fu vicinissimo alla conquista del Pallone d’Oro 1995.

Tanto successo non poteva che attirare gli sguardi di un team come il Chelsea; complici alcune incomprensioni con il mister Ancelotti, Zola partì per l’Inghilterra.

Zola Parma
Foto: Twitter

Il calcio inglese era diverso dal nostro, le dirigenze più impazienti e i tifosi più incontentabili.

Ma a Gianfranco Zola piacevano le sfide. 

In Premier League conquistò tutti e nonostante il Chelsea collezionasse pochi titoli, Zola venne proclamato miglior giocatore del campionato nel 1996-97. L’anno dopo arrivarono i primi trofei ma tra essi mancò sempre lo scudetto inglese.

Durante il futuro soggiorno al Chelsea i tifosi inglesi lo chiameranno Magic Box, proprio a causa dei suoi numeri con il pallone.

Anche quando segnava poco Zola si faceva notare per episodi spettacolari: un goal dopo 20 secondi dal suo ingresso in campo contro lo Stoccarda, per esempio.

La sua rete di tacco contro il Norwich invece viene annoverata tra le più belle della storia del calcio.

Neanche la regina Elisabetta fu immune al suo fascino e lo nominò membro dell’Ordine dell’Impero Britannico alla fine della sua esperienza al Chelsea.

Zola torna in Italia, al Cagliari che non l’aveva voluto agli esordi, per terminare in casa la sua carriera sui campi da calcio.

Ormai è una leggenda in patria e all’estero, ha fatto sognare una generazione e le sue giocate rimarranno per sempre nella storia di questo sport.

Si ritira nel 2005 ma ad attenderlo c’è un futuro da allenatore; sono tutti curiosi di vedere come se la caverà in panchina un fantasista come lui.

La grande occasione per club importanti deve ancora arrivare ma dopo l’esperienza da vice al Chelsea non vediamo l’ora di vederlo all’opera.

Il bello di Magic Box è proprio questo: non si sa mai cosa Gianfranco Zola potrebbe tirare fuori al cilindro.

 

Federica Vitali