E’ il  19 novembre del 2016, Juventus Stadium gremito, partita di Serie A contro il Pescara.
Moise ha appena sedici anni, da li a pochi minuti esordirà nella massima serie, ed è emozionato a tal punto che quando viene chiamato a entrare in campo non riesce a togliersi di dosso la tuta ed ha bisogno dell’aiuto degli assistenti.

In quel momento, in preda alla commozione, c’è la mamma Isabelle, vero fulcro della famiglia Kean, una donna che ha creduto così tanto nel sogno e nelle potenzialità del figlio da non risparmiarsi per consentirgli, un giorno, di diventare un professionista che segna a raffica e stabilisce record significativi, e li festeggia con un balletto scanzonato.

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Primo goal nazionale A. Mai dimenticare…No cap!!???

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La mamma del Millennial del momento che assestando una rete contro la Finlandia è diventato anche il secondo marcatore più giovane di sempre della storia della Nazionale italiana, in un’intervista rilasciata a “Tuttosport” ha raccontato particolari inediti della loro vita ad Asti, la città piemontese dove la famiglia si è trasferita da Vercelli quando Moise aveva quattro anni.

La città dove lo chiamano “Mosè”, anche per una sua certa spiccata religiosità ma soprattutto perché così lo ha ribattezzato la mamma, legando il suo arrivo tanto atteso ad un sogno con protagonista il profeta e liberatore del popolo ebraico:

“La sua nascita è stata un miracolo perché i dottori mi avevano detto che non avrei potuto avere altri figli dopo Giovanni, il mio primogenito”. 

Nell’astigiano Isabelle, arrivata in Italia dalla Costa d’Avorio nel 1990, per mantenere la famiglia dopo la separazione dal marito lavora in una comunità riabilitativa, fa i turni di notte, si sacrifica e quando i soldi non bastano mette da parte l’orgoglio e chiede aiuto ad una comunità religiosa locale per i pasti. 

E’ proprio durante uno di questi turni notturni che Isabelle riceve una telefonata dal figlio: “Mi ha chiamata ed io mi sono spaventata, pensavo fosse successo qualcosa. Invece mi ha detto:

“Mamma, c’è una sorpresa per te, ho firmato con la Juve e tu da oggi non lavori più e vieni a vivere a Torino con me”.

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Quando non sai come controllarti in quel momento….

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L’infanzia di Moise ha come centro l’Oratorio Don Bosco dove è di casa, nel cortile calcia palloni facendosi mentalmente la telecronaca delle azioni, fa altri sport che lo aiutano a sviluppare le sue capacità coordinative come mi racconta chi l’ha conosciuto in questo ambito.

Ma è il calcio che lo cattura maggiormente; all’Asti Calcio, quando accompagna il fratello agli allenamenti, scalpita per entrare in campo: “Voleva anche lui un pallone e una pettorina – mi racconta Remo Turello, ex dirigente della società calcistica (fallita alcuni anni fa) – incantato da quello che vedeva”.

All’Asti Moise inizia a frequentare tre volte a settimana la Scuola Calcio, giocando sotto età.

A otto anni gioca con i ragazzini di dieci ed è il più bravo di tutti.

A volte gioca con i ragazzini del 1996, che hanno quattro anni più di lui. E nonostante la differenza di età va in porta da qualsiasi angolazione, stopparlo per i compagni è un’impresa quasi impossibile, merito anche della sua struttura fisica.

E in parte Kean deve la sua fortuna all’intuizione di Renato Biasi, ex portiere della Primavera del Torino e responsabile del settore giovanile dell’Asti che ne ha seguito personalmente gli allenamenti alla scuola calcio ed è stato decisivo per il passaggio di Moise alla Serie A. E’ lui infatti che lo segnala a Silvano Benedetti, responsabile della Scuola Calcio granata e che lo porta ad un provino a Torino al termine del quale Moise viene immediatamente “reclutato”.

Era un ragazzino un pò irrequieto, dotato certamente – mi dice Biasi –  la sua fortuna maggiore è stata quella di allenarsi sempre, di allenarsi anche da solo, un tutt’uno con la palla che era di fatto il suo unico divertimento non avendo grandi possibilità per rimpiazzarla con altri intrattenimenti”. 

Al Torino Moise gioca in tornei anche contro le giovanissimi promesse della Juventus; in una di queste occasioni i bianconeri si accorgono di lui e a soli dieci anni lo reclutano nel loro vivaio con un iter che va dagli Esordienti sino alla Primavera (allenato da Fabio Grosso); proprio Grosso concede all’allora quindicenne Moise di giocare qualche minuto contro il Siviglia, match di Youth League, e il ragazzo è talmente bravo da correre il “rischio” di diventare il marcatore più giovane della storia della competizione.

Dalla Primavera alla Prima squadra nel 2016 (con un anno, il 2017, in prestito al Verona) il passo è breve.

Dopo l’esordio nella partita contro il Pescara, Moise debutta anche in Champions, contro il Siviglia, altro primato vista la giovanissima età; non solo: il 27 maggio del 2017 segna la sua prima rete ai danni del Bologna meritandosi il titolo di primo Millennial a segnare in A.

Precoce anche in Nazionale (il primo a segnare nell’Under  21 contro gli Stati Uniti, il primo classe 2000 ad esordire con la Nazionale Maggiore), uno che brucia le tappe insomma.

Lo scorso gennaio ha firmato la sua prima rete in Coppa Italia nel match contro il Bologna: i rossoblù nuovamente “castigati” dal giovane Mosé.
L‘8 marzo l’enfant prodige juventino, con le sue falcate da pantera, senso del gol ineccepibile e tecnica sviluppata, ha realizzato una doppietta contro l’Udinese nella sua prima partita da titolare. Un gol al primo pallone toccato, su assist di Alex Sandro, un secondo gol dopo aver rubato il pallone sulla trequarti, una finta e via, colpo di punta e la rete si gonfia. 

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No cap .⚪️⚫️? #championsleague ?

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Il 12 marzo, quando ha sostituito lo sfiancato Mandzukic contro l’Atletico Madrid, Kean ha sfiorato il 3 – 0 mancato soltanto per quei 20 centimetri a lato dei pali della porta avversaria  dove si è infranto il pallone.

Un predestinato insomma, come di lui ha detto Mancini, sottolineando la necessità di puntare sui giovani.

Un predestinato dall’accento piemontese e con una grande mamma.

 

Silvia Sanmory

 

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