La maglia numero 10 dell’Albiceleste continua a essere un’armatura di pietra sulle esili spalle di Lionel Messi, un macigno che oramai lo schiaccia soffocando le sue velleità e il suo incredibile estro.

Sampaoli lo aveva preannunciato che questo non sarebbe stato un Mondiale facile per La Pulga: arrivato a 31 anni, sente scadere oramai il tempo per dimostrare al mondo intero e soprattutto all’ Argentina di essere degno al pari di Maradona dell’amore del suo popolo da sempre duro e  severo con Leo. E queste lancette – che corrono talmente veloci – sono una spina nel fianco del fuoriclasse, sin dalla prima gara del girone.

A confrontare l’esordio di Lionel con quello travolgente di Cristiano Ronaldo  sembra quasi tra i due vi sia un abisso: ma questo ovviamente sarebbe un giudizio impietoso e ingiusto nei confronti dell’argentino. La verità è che la sfrontatezza, l’alterigia, l’agonismo di Cristiano sono doti che gli permettono di capovolgere sempre ogni gara a suo favore, anche quando non lo avresti più detto; per contro le stesse aspettative altrui, che galvanizzano il portoghese, mettono spalle al muro in maniera inesorabile il Capitano dell’ Albiceleste, ossessionato dai fantasmi del passato in Nazionale.

(immagine eurosport)

Il passaggio chiave sta nell’espressione di loro visi, prima del momento clou della partita. Ronaldo prima di tirare la punizione del pareggio – e tripletta personale – ha l’espressione diabolica di chi già sa che la palla supererà la barriera e finirà alle spalle del portiere. Al contrario, Lionel Messi si appresta a battere il penalty quasi come una condanna, un fato cui non si può sottrarre: sfido chunque a confessare di non aver pensato che avrebbe fallito.  Forse lui stesso se lo aspettava.

E’ chiaramente troppo presto per condannare l’ Argentina alla sconfitta e La Pulce all’ennesimo fallimento. Tuttavia, è lecito auspicare che tutto l’ambiente aiuti il proprio diez a scrollarsi di dosso questo peso insostenibile che si porta in giro da troppo tempo e di di farlo al più presto: la storia insegna che Messi offre il meglio di sé solo quando riesce a riscoprirsi un bambino che si diverte a giocare a pallone. Un limite? Forse. Non tutti si esaltano quando si sentono messi all’angolo del ring, non tutti hanno il carattere – da animale da combattimento – di CR7. Questo nulla toglie a Leo della sua incommensurabile bravura: in questo momento bisogna solamente spingerlo a svegliarsi dall’incubo.  In fretta.

Daniela Russo