Chissà se quell’atroce mattina del 4 marzo a qualcuno tornò in mente il calendario della Serie A e pensò a quanto sia beffardo, disonesto, crudele il destino. O forse semplicemente siamo davvero figli di un incomprensibile disegno e che le cose non succedono mai per caso. E che tutto accade sempre per una ragione. Non sappiamo quali siamo stati gli ultimi pensieri del cuore di Davide quell’ultima notte quando decise di smettere di pensare per fermarsi. Ma sappiamo l’eredità che ci ha lasciato. L’insostenibile pesantezza della sua mancanza. La percezione forte e delicata della sua presenza. In ogni cosa che ha sfiorato questo campionato che sta per finire. Un campionato che da quel 4 marzo non è stato più lo stesso. Per noi addetti ai lavori, per gli amanti del calcio per i tifosi, per la Fiorentina che si è vista privata del suo Capitano, per il Cagliari, orgogliosissimo di aver fatto coccolato, lanciato al grande pubblico quello che sarebbe diventato un grande uomo, dentro e fuori dal campo.

Parlavano di quanto sia beffardo il destino. Già. Perché al momento non vengono in mente altri termini per definire quella sorte drammatica, racchiusa in una patina di mistero e di trascendentale che ha fatto sì che nell’ultima partita al Franchi della stagione la Fiorentina abbracciasse proprio il Cagliari.

La squadra rimasta orfana incontra la squadra mamma. Insieme, oggi, si fonderanno in un unico battito. Quello per il figlio. Quello del loro figlio. Perché il cuore di Davide oggi tornerà a battere. Per 90 brevi e intensi minuti.

Nessuno muore sulla terra, finché vive nel cuore di chi resta.

 

Giusy Genovese 


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