Era dal 2012 che la Lazio non otteneva una vittoria nel ‘Suo’ Derby.

Vince, e vince con merito a dispetto dei pronostici e di tante voci che la davano sfavorita; ma si sa, il Derby è una partita a sé dove ogni regola salta e il più delle volte è proprio la sfavorita a portarsi il match a casa.
Novanta minuti di buio, una Roma abulica e senza fantasia si fa travolgere da un’avversario in forma e ben organizzato: a nulla sono valse le sostituzioni (inspiegabile quella di Pastore con De Rossi), a nulla sono serviti riproveri ed improperi.

Si perde un derby importante, ragionevolmente, prevedibilmente, ma si perde in un momento in cui era necessario portarlo a casa.

Le previsioni lo davano per recuperato, l’influenza gli ha dato il colpo di grazia, così la Roma si trova senza Manolas e con una difesa che traballa dal primo minuto.
Florenzi, Fazio, Juan Jesus e Kolarov… stasera non si salva nessuno, stasera nel repasto difensivo si è assistito a un suicidio di immani proporzioni e benché responsabile di un’uscita improbabile e scomposta l’estremo difensore giallorosso ha sicuramente pochissime colpe.

Roma sconfitta
LaPresse

Inzaghi ci crede.

Lascia fuori Immobile puntando sulla freschezza di Caicedo e sulla velocità di Correa. Intesa perfetta, grande spirito di iniziativa ed un senso di gioco fuori della norma, l’equadoriano sfrutta la fascia più debole della Roma, punta l’uomo più in difficoltà e con un gesto tecnico e grande freddezza fa esplodere l’Olimpico: 3-5-2 per la formazione biancoceleste, Radu e Acerbi padroni delle retrovie, mentre a centrocampo a strapazzare i cugini ci pensano Marusic, Milinkovic-Savic, Leiva, Luis Alberto e l’irrefrenabile Lulic.

Nella ripresa si aggiungono Immobile e Cataldi nel tabellino dei marcatori, così, giusto per far capire come funziona una “squadra”, un “gruppo” che con passione, sacrificio e umiltà, riescono a collezionare prestazioni e risultati; e si vede subito, si avverte “a pelle”, si respira nell’aria che si tratta della serata giusta per la Lazio. Il primo tempo diventa un’assedio in area giallorossa, poco spazio per il fraseggio e molta verticalizzazione che spaventa gli uomini di Di Francesco, irrretiti e un po’ storditi dalle evoluzioni degli avversari.
Nel 4-3-3 proposto dal pescarese c’è poco di sorprendente, tanto da diventare quasi prevedibile.
A centrocampo fuori Nzonzi e spazio per Cristante, Pellegrini e De Rossi, ma la squadra invece di mostrare gli attributi si scioglie e si lascia travolgere, risultando spesso pesante e scoordinata.
Il capitano giallorosso soffre la pressione e va in bambola, sorpreso dalle ripartenze avversarie e dalla serenità nei contrasti che vedono gli uomini di Inzaghi sempre vincenti e propositivi.

De Rossi
Calcio Web

I vecchi fasti della Roma sembrano essersi fermati a quel Roma – Barcellona neanche troppo lontano, dove gli eroi di un tempo che fu cozzano con il volto da figurina dei protagonisti in campo. Jesus rinnega Fazio e come nella più classica delle parabole erra per il campo senza una meta ben precisa: in avanti o a retromarcia lui le prova tutte ma il “Figliol Prodigo” stavolta non trova la strada di casa e resta in un passivo immobilismo che ne conferma l’inidoneità per questa professione.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore… e Fazio senza Manolas cade in un disturbo depressivo senza precedenti. Inutile sottolineare la prova di questa sera, si perde Correa, si affatica sulla linea, prova il guizzo in avanti ma viene scalzato da una retroguardia più composta, sbaglia da troppe partite, insofferente e insicuro trasmette paura ed irrequietezza, tanto da trascinare nel baratro anche un Kolarov obbligato nell’area piccola. Rischia di riprendersi con l’ingresso in campo di Perotti, l’intesa non scatta solo perché ormai tutti gli schemi saltano: ogni pedina cerca la risoluzione personale e lo stesso argentino non riesce ad immedesimarsi nella parte, lasciato solo e accerchiato in più di un’occasione.

Immobile LAzio Roma
La Repubblica

Diciamocelo, la Lazio per una volta tira fuori le unghie ed i denti, muovendosi in branco con sinuosità e reagendo con fermezza. Radu diventa un muro di gomma contro il quale i giocatori della Roma rimbalzano, la manovra laziale è semplice ma efficace andando a puntellare l’avversario sulle fasce insistendo sulle ripartenze con lanci i profondità; nulla può Florenzi che si trova spesso a rincorrere l’avversario nell’estremo tentativo di recuperare palla, quando è il centrocampo avversario a gestire tutte le manovre; merito di Milinkovic- Savic e Marusic che sviluppano un pressing asfissiante senza lasciare spazi confidando in una squadra corta ed una linea alta di gioco.
Nella ripresa la Lazio si rilassa lasciando un certo respiro alla Roma che non sfrutta il momento di stallo degli avversari. Serata decisamente no anche per Zaniolo, la pressione di una stracittadina così importante -e quella di Acerbi neanche troppo legale- frenano anche il giovane talento che prova, si impegna ma non incide e si trova a gestire la manovra con difficoltà, l’aiuto dell’onnipresente Dzeko non arriva, elettroencefalogramma piatto anche per El Shaarawy, parlare di schemi? Tecnica?

Per fare un bilancio in termini di gioco servirebbero degli schemi ed un gioco e questa Roma troppo ballerina non può sempre puntare sul cinismo e sulla Dea Bendata.

L’insoddisfazione dei tifosi è palese e di uno sport, che fa del suo pubblico il protagonista ,assoluto stasera resta ben poco.
Immobile raddoppia su rigore, Cataldi esulta sul finale festeggiando un gol che fa saltare anche i nervi ai giallorossi, l’ultimo derby fu giocato con intelligenza e merito: nulla più resta di quei sogni di vittoria.

Laura Tarani