Con l’annuncio di Thiago Motta come tecnico della Juventus, inizia ufficialmente un nuovo ciclo per i bianconeri. 

 

L’ex allenatore del Bologna ha infatti firmato un contratto che lo legherá alla Vecchia Signora fino al 2027.

Dopo l’annata con i rossoblu, con cui ha raggiunto la prima Champions League per i felsinei da 60 anni a questa parte, il tecnico italo-brasiliano è pronto a mettersi in gioco in questa nuova avventura.

Gli animi dei tifosi juventini sono discordanti: ci sono gli scettici che lo paragonano a Gigi Maifredi (che dal “calcio champagne” a Bologna fallì a Torino con una stagione disastrosa) e poi ci sono i seguaci del “mottismo” convinti che sia proprio lui l’uomo giusto per la rinascita.

L’unica cosa certa è che Thiago Motta porterà una ventata di novità non indifferente, ad iniziare dallo stile di gioco fino ai rapporti con squadra e società.

LA CARRIERA DA ALLENATORE 

Thiago Motta nasce in Brasile il 28 agosto 1982 e arriva in Italia proveniente da un lungo periodo al Barcellona. Nella stagione 2008-09 lo vediamo centrocampista del Genoa per poi passare, dopo un anno, all’Inter in cui  resta fino al 2012.

Nonostante molti juventini non accettino questo suo passato sulle sponde nerazzurre di Milano, c’è da sottolineare che in queste tre stagioni Thiago Motta colleziona solo 55 presenze.

Approda poi al PSG dove, appesi gli scarpini al chiodo, inizia la sua carriera da allenatore alla guida dell’Under 19.

Nello stesso anno torna in Italia al Genoa per meno di una stagione per poi guidare lo Spezia alla salvezza e il Bologna dal 2022.

Ora lo attende la Juventus dove è necessario un reset culturale per ripartire dalle macerie e costruire qualcosa di nuovo che sia davvero efficace ed efficiente per la squadra che allena. Questo richiederà  superare gli stereotipi e trovare un equilibrio tra le proprie idee e quelle degli altri, creando un sistema adeguato e funzionale ad un solo obiettivo: vincere.

IL VALORE DEL PALLONE: LO STRUMENTO DEL MESTIERE NEL CUORE DEL GIOCO

E’ questo il titolo che Thiago Motta ha dato alla sua tesi (un po’ racconto) di 28 pagine con cui si è laureato allenatore a Coverciano.

E si parte proprio da lì: dal pallone che da regalo del papà che Thiago porta sempre con sé, si trasforma in strumento quando il calcio, crescendo, diventa una cosa seria.

Perdere il pallone significava inconsciamente non solo perdere l’oggetto dall’alto valore personale (– il regalo del papà -), ma anche lo strumento indispensabile per esprimere l’appartenenza al gruppo-squadra, alla famiglia- squadra. Perderlo diventava una sorta di “crimine” calcistico, individuale e collettivo da riparare nel modo più deciso, sia per strada con gli amici facendo pesare il gioco personale, ma soprattutto in campo, in ambito agonistico, attraverso il gioco di squadra.

Il legame con il pallone è viscerale ma non è solo tecnico bensì psicologico e si traduce nel gioco di squadra, nel sostegno vicendevole e nell’integrità.

Ma anche nel pressing immediato, nel provare e riprovare le situazioni potenziali di gioco in allenamento, tutto sempre palla al piede.

E lo sanno bene i giocatori del Bologna che quest’anno hanno collezionato la media del 58% di possesso palla, posizionandosi davanti a tutte le altre 19 squadre di Serie A.

Dopo essere passato dal campo di gioco alla panchina, Motta ha sempre preteso molto dai suoi giocatori sotto ogni aspetto, mantenendo però saldamente il controllo della situazione. Non si è basato solo sulla disciplina rigorosa, si narra che nelle sue sessioni di allenamento non volasse una mosca.

Niente a che vedere, però, con corse nei boschi o sedute in stile campus militare. Al centro di tutto, anche della preparazione atletica, c’è sempre un protagonista: il pallone.

Una filosofia che Motta ha sviluppato dai tempi del Barcellona, ispirandosi allo stile olandese di Van Gaal e Rijkaard.

IL DISCORSO MOTIVAZIONALE AI GIOVANI DEL PSG 

Il pallone non è solo goliardia, anzi, e ce lo dimostra il discorso che Thiago Motta ha tenuto all’under 19 del Psg durante una partitella in allenamento.

Ci sono diversi calciatori che sono passivi, che guardano gli altri e dicono ‘È colpa loro, non mia’. lo non permetto questa cosa qui. Non scherzo su questo, non scherzo. Possiamo vincere o perdere partite, ma insieme. Insieme. Non è colpa mia, non è colpa degli altri! Quando si vince, vinciamo insieme. Quando si perde, perdiamo insieme. Anche io ho vissuto la vostra situazione, e la conosco. So cosa vuol dire, è normale che tra di voi ci sia competizione. Ma dovete dare dimostrazioni sul campo. ‘Non metterò mai i miei compagni di sauadra in difficoltà mai. Con i gesti, passaggi e comunicazione.

I SEI COMANDAMENTI DEL CALCIO SECONDO THIAGO MOTTA 

La Juventus plasmata da Thiago Motta non sarà modellata solo dal mercato, concordato con Cristiano Giuntoli e la dirigenza bianconera, ma anche dalle sue idee in campo e in allenamento.

Sono sei i comandamenti del “mottismo”: 

  • competizione sempre massima non solo durante le partite; 
  • il primo alleato è il pallone; 
  • in squadra non ci sono ruoli prestabiliti ma funzioni a seconda della zona del campo e della situazione; 
  • non limitarsi alle giocate facili e mostrare personalità in campo; 
  • non esistono gerarchie fisse gioca solo chi si allena al top; 
  • non ci sono veterani, conta solo il talento. 

Thiago Motta pretende tanto, è vero, ma offre anche moltissimo.

Lo faceva da calciatore nel ruolo di centrocampista dal piede delizioso e dalle letture tattiche avanzate, lo fa ora da allenatore con un’idea di calcio in continua evoluzione.

Con le strutture della Continassa tra i centri più attrezzati non solo in Italia, Thiago potrà sbizzarrirsi nel ricercare nuovi metodi d’allenamento sempre moderno e all’avanguardia.

Come accade sempre quando si conclude un ciclo e se ne inizia una nuovo, la trasformazione non sarà semplice e immediata.

A Thiago Motta spetta un lavoro duro ma vista la sua personalità, la sua disciplina e il suo modo di interpretare il calcio le premesse sono del tutto incoraggianti.

Marta Salmoiraghi