Ci sono persone che lasciano un’impronta indelebile nel mondo del calcio. Dai grandi nomi dei calciatori più famosi, desiderati ed ammirati fino ad arrivare agli allenatori più innovativi e vincenti. Ampio successo, però, deriva anche dalle giuste intuizioni dei dirigenti, come nel caso di Giuseppe “Beppe” Marotta.

E’ stato tra gli ideatori del grande successo dell’Inter con la vittoria del ventesimo scudetto e il raggiungimento della seconda stella, a 58 anni dalla prima (decimo scudetto nel 1966). 

Intervenuto dalla terrazza in Duomo, Beppe Marotta ha mostrato tutta la propria gioia:

“Quando ho cambiato società non immaginavo di fare un percorso così ricco di successi.”

Queste le sue parole, intervistato ai microfoni di Sky Sport, a cui ha aggiunto:

“Una delle caratteristiche che mi posso attribuire è quella dell’esperienza.
Un po’ di merito per questo traguardo dobbiamo anche assegnarcelo noi dirigenti.
La proprietà però ci ha dato sicurezza in tante scelte senza farci mai mancare nulla. Zhang delega molto e questo è segno di grande maturità.
Noi ci abbiamo messo passione. Ho già vinto degli scudetti, ma questo è indimenticabile”.

Già, perché, nella sua personale bacheca figurano 7 scudetti vinti con la Juventus e 2, ora, con l’Inter, che fanno di lui il dirigente sportivo più “titolato”, Cavaliere della Repubblica dal 2022.

E pensare che tutto nacque dalla sua cameretta…

Giuseppe Marotta, classe 1957, nasce e cresce infatti a Varese, e proprio lì dalla sua cameretta c’è una finestra che gli dà ampia visione dello stadio Ossola. La società biancorossa, dichiarata fallita nel 2019, fu però in Serie A dal 1964 al 1969, poi con varie riprese.

Deve essere stato lì, in quei momenti, da cui poteva seguire le gesta dalla squadra del suo paese, che sarà scattato qualcosa in lui, qualcosa che forse già delineava il suo promettente futuro.

“Avrò avuto otto anni. Mi sono presentato davanti allo spogliatoio del Varese e ho chiesto al magazziniere Angelino di poter assistere agli allenamenti.
Lui acconsentì a patto che io lo aiutassi nel suo mestiere.
A 11 anni invece ero raccattapalle nel giorno di Varese – Juventus 5-0,
un risultato storico con tripletta di Anastasi.”

Ma il calcio giocato non sembra essere nelle sue corde, e così dopo aver intrapreso la maturità classica, diventa a soli 19 anni, nel 1976, responsabile del settore giovanile della squadra, e poi come direttore sportivo.

Nel 1987 arriva al Monza, e poi negli anni ‘90 al Como e al Ravenna, dove riesce a strappare al Torino la comproprietà di un giovane prospetto, che risponde al nome di Christian Vieri.

E poi ancora Venezia, Atalanta e Sampdoria, dove al termine della stagione 2002-2003, conquista la promozione in Serie A.

In quasi 8 anni in blucerchiato, conclude le trattative per l’arrivo di Antonio Cassano e Giampaolo Pezzini, conquistando poi un 4 posto e la qualificazione ai preliminari di Champions League nel 2010.

Il 1° giugno 2010, inizia la sua più grande avventura come direttore generale della Juventus, entrando poi nel consiglio di amministrazione del club, nominato amministratore delegato.

È lui tra gli artefici del ritorno ai vertici per la società bianconera, portando a Torino, Andrea Barzagli, Andrea Pirlo e Arturo Vidal, e che coincide nella conquista dello Scudetto — titolo che mancava nella bacheca bianconera da nove anni.

E per le sette stagioni consecutive la Juventus domina anche grazie alle sue abilità di portare Paul Pogba e Carlos Tévez, arrivando per due volte la finale di UEFA Champions League (2015 e 2017).

Nell’estate 2016 tratta la cessione di Pogba al Manchester Utd per 105 milioni di euro e l’acquisto di Gonzalo Higuaín dal Napoli per 90, all’epoca le due operazioni di calciomercato più onerose, rispettivamente, al mondo e in Italia.

Questo, almeno fino al 2018, quando riesce nell’impresa di portare Cristiano Ronaldo dal Real Madrid per 117 milioni di euro.

Nel dicembre del 2018, dopo 8 anni, lascia la Juventus, per diventare l’amministratore delegato e le sue magie non si esauriscono.

Nell’estate 2019 acquista dal Manchester Utd Romelu Lukaku per 74 milioni di euro, il più oneroso nella storia del club nerazzurro.

Anche qui, riporta la squadra lombarda torna competitiva ad alti livelli dopo un decennio di appannamento: nel 2020 la finale di Europa League, nel 2021 vince il diciannovesimo Scudetto della sua storia, a undici anni dal precedente.

Nella sessione di calciomercato estivo del 2021 perfeziona il trasferimento di Lukaku al Chelsea per 115 milioni di euro: la cessione più remunerativa di sempre per l’Inter.

Nella stagione 2021-2022 arrivano altri due trofei, la Supercoppa italiana e la Coppa Italia, seguiti l’anno dopo dalla la finale di Champions League.

Una figura tranquilla, pacata, ma che sembra “implacabile” quando si tratta di portare alla sua corte la “preda” prescelta.

Hakan Calhanoglu, regista dell’Inter scudettata, preso a parametro zero, così come Henrikh Mkhitaryan, classe 1989, che ha ritrovato all’Inter nuova linfa vitale.

Una grande capacità, la sua, di cambiare in meno di 3 anni, l’Inter del suo primo scudetto, per poi riavere lo stesso, incredibile risultato.

Lukaku, Bastoni, Godin, Sensi, Barella, Sanchez, Eriksen, Young, Hakimi, Onana, Brozovic, Dzeko e Skriniar. Di questi, infatti, sono rimasti solo Bastoni, Barella e Sanchez, tornato, però, in neroazzurro in questa stagione.

Non solo intuito e maestria nello scegliere le pedine vincenti, ma anche una innata capacità di far quadrare il bilancio tra entrate ed uscite, con un positivo di 14 milioni di euro e a un impatto positivo sul bilancio di 104,6 milioni.

Per intenderci, una riduzione di circa il 16% del costo della rosa tra ammortamenti e stipendi lordi rispetto alla stagione 2022/23.

E nel suo futuro cosa c’è?

Ai microfoni di una celebre trasmissione di DAZN, ha così risposto:

“Sono legato all’Inter fino al 2027, e a quel punto avrò 70 anni.
Poi amo così tanto il calcio che vorrò occuparmi di sport e di calcio a livello politico. Vorrei dare un contributo allo sport italiano, si può migliorare.
C’è ancora da fare sotto questo aspetto.
Per praticare il gioco del calcio i bambini devono pagare delle rette,
è molto limitativo nei confronti delle famiglie.
Lo sport deve essere gratuito per tutti.”

 

Rosaria Picale