Pavel Nedved non ha mai avuto timore di ammettere quanto possa contare per lui la Champions.

Lui che si è visto sfuggire una finale con le sue iniziali a caratteri cubitali per un cartellino giallo. Lui che ha versato lacrime di disperazione per un trofeo in cui stava spendendo anche la sua stessa anima.

Quella che ancora oggi darebbe per portarla a Torino.

Nedved, il coraggio di riconoscere che la Champions è un’ossessione

Quell’uomo così straordinariamente grintoso e forte lascia intavedere il suo lato migliore nel pianto inconsolabile di quella sera. Lo stesso lato che lo tiene legato alla Vecchia Signora da diciassette anni oramai.

Nedved Juve
TURIN – MARCH 15: Pavel Nedved of Juventus celebrates after scoring during the Serie A match between Juventus and Modena, played at the Stadio Delle Alpi, Turin, Italy on March 15, 2003. (Photo by Grazia Neri/Getty Images)

Nedved ha sposato la causa bianconera in tutto e per tutto, nei tempi in auge come in quelli bui. Con i suoi difetti, ovviamente. Nessuno vuole presentarlo come esente da errori e noi stessi ci siamo trovati a sottolineare alcune sue dichiarazioni che avrebbero potuto essere evitate. Ma tant’è, quando sei al vertice, come non commettere anche qualche passo falso?

Il vicepresidente  tuttavia ha lo straordinario pregio di sapersi muovere all’interno della Juventus con fare silenzioso, osservando e ascoltando tutto, ragionando con la sua testa senza falsi condizionamenti, guidato da un modello di calcio che per lui è ben chiaro e che viene da anni di successi sul campo. Moltissimi dei quali con la stessa maglia che adesso rappresenta da dirigente. Un leader che ha vissuto il mondo dello spogliatoio e che sa come si entra in sintonia con i giocatori, malgrado nello spogliatoio non ci viva  più.

Non è caso che sia stato Pavel Nedved a esporsi la settimana scorsa, rispondendo in maniera educata ma decisa a Allegri che aveva in precedenza sminuito il valore della rosa tra le sue mani. Ma non solo: l’ex tecnico aveva fatto affermazioni pesanti sul DNA della squadra e sulle  ‘assurde’ pretese di vincere la Champions. Parole che il ceco non avrebbe mai potuto far passare sotto banco.

E’ stato proprio Nedved l’ago della bilancia nella separazione da Massimiliano Allegri.

Notoriamente di poche parole, ha saputo scegliere il momento giusto per prendere posizione e per difendere quel DNA bianconero che – a sua detta come a nostra detta – è tutt’altro che impreparato ai successi europei. Va incoraggiato, non svilito. La Juventus ha un rapporto travagliato con la Champions ma basta osservare bene il suo palmares per capire che L’Europa non è terreno incolto per lei. Però bisogna essere ambiziosi, per tornare a vincere. E Nedved – che, cito testuale, troverà pace solo con la vittoria della Coppa dalle Grando Orecchie – non poteva più sopportare che si facesse diversamente.

Ricordiamoci di quello che ha fatto in questi mesi, del coraggio che ha avuto nell’osteggiare anche Andrea Agnelli, propenso a continuare con Max Allegri. Ricordiamolo perché Nedved – nelle sue poche apparizioni, nei suoi lunghi silenzi – vuole in meglio per la Juve.

Con buona pace di chi non approva in questo momento le scelte della dirigenza, e che farebbe bene a riguardarsi il filmato di quella semifinale del 2003.

 La Juventus è un’azienda della quale Pavel Nedved oggi è un dirigente: ma è stato prima di tutto un calciatore e questo suo passato ha un peso determinante in questa storia. Oggi, mentre Agnelli ringraziava Allegri per aver fatto la storia da solo – con tanto di maglia, ma poi ci chiediamo: chi fa la storia da solo? – Nedved ci ha ricordato invece che la Juventus ha 121 di storia alle spalle. E ognuno di essi ha un valore prezioso, nessuno lo può cambiare né svalutare.

La Juventus è un azienda e Allegri è stato perfetto per farne quadrare i bilanci. Ma la Juventus è anche una squadra di calcio con degli obiettivi che non possono continuare a chiamarsi sogni.

Per farlo bisogna cambiare, sudare e osare.