Quando la Juventus ha annunciato il ritorno di Massimiliano Allegri in panchina io, pur non essendo notoriamente una sua sostenitrice, ho provato – quanto meno – a concedergli il beneficio del dubbio.

Eppure sin dalle primissime uscite dello scorso campionato ho avuto la (quasi) certezza che si fosse commesso il peggiore degli errori della presidenza A. Agnelli ( che pure sono stati tanti).

La sensazione era, già il primo anno, di aver riportato in panchina un allenatore che si illudeva di poter riprendere da dove aveva lasciato, ignorando che nel frattempo erano passati due anni.

Il mandato Allegri 2014/19 è un quinquennio irripetibile. Cinque anni in cui Max ha raccolto forse più successi di quanti ne avesse meritati.

Questo ha contribuito a creare intorno a sé un’aura di intoccabilità.

Lo hanno fatto i tifosi, completamente e totalmente assoggettati alla sua figura, la società ( con il Presidente che arriva pericolosamente ad affermare: Max ha fatto la storia da solo).

Lo ha fatto Allegri stesso, trincerandosi in una torre d’avorio in cui ha ripetuto sino allo sfinimento dogmi come: “non bisogna essere bellini”, “basta vincere di corto muso”, “ci sono le categorie”, più varie ed eventuali.

Dogmi di cui ha nutrito  non solo la piazza bianconera, ma anche se stesso, dando vita a un suo alter ego quasi invincibile e indistruttibile dal quale non è riuscito più a separarsi.

Il ritorno in Serie A è stato come un attacco continuo a quella torre d’avorio.

Scossone dopo scossone, Massimiliano Allegri ha dovuto inevitabilmente prendere atto che in due anni tante, troppe cose erano cambiate.

Le avversarie, il modo di giocare a calcio, la Juventus stessa con i suoi giocatori.

Tuttavia questo non ha generato uno spirito critico, una voglia di mettersi in discussione o di trovare soluzioni. Paradossalmente ha inasprito le sue posizioni rendendole ancor più assiomatiche.

Oggi assistiamo a  Allegri in caduta libera. E per oggi non intendo la data odierna, ma l’intera, allucinante stagione che la Juventus sta disputando.

Tolte le vicende extra campo, che meriterebbero un capitolo (e un articolo) a parte, sin da agosto i bianconeri stanno collezionando un numero impressionante di record negativi che non si verificava da anni. Di seguito un “vecchio thread’ che serve a dare giusto un’idea:

 

Naturalmente,  i numeri andrebbero aggiornati e, purtroppo, con altri record negativi.

Al di là dei numeri, che pur sono importanti, quello che percepisco è un professionista che ha totalmente perso la direzione di ciò che è e di cosa vuole fare, e questo disagio si riversa inevitabilmente anche sull’uomo.

Ecco che emergono rapporti sempre più complicati (qualcuno ha parlato di vere e proprie insofferenze) con diversi giocatori in rosa, primo tra tutti Dusan Vlahovic, forse l’emblema della negatività di questa annata della Juve:

Non che l’Allegri prime non abbia mai avuto relazioni difficili con qualche elemento in squadra, ma, sicuramente vincere copre anche eventuali dissapori personali.

Anche le uscite in conferenza stampa si sono gradualmente inasprite, tra dichiarazioni quanto mai contraddittorie e scaramucce come quella di ieri con Fabiana Della Valle di Gazzetta dello Sport.

Tutti segnali di un’ irreparabile caduta degli Dei.

Il Colosso auto-celebrativo che Max Allegri ha provveduto a costruirsi si scopre avere i piedi di argilla.

Più  lui si sforza di tenerlo in piedi più questa argilla frana e cade, con un certo clamore.

Con il disperato tentativo di nascondere tutta la polvere, ancora una volta, sotto il tappeto.

La squadra respira drammaticamente questa caduta, traducendo il tutto in prestazioni – a livello di squadra e di singoli – al limite del paradossale, espressioni di una compagine confusa, inerme, totalmente in balìa dell’improvvisazione.

La Della Valle ha parlato di un Max Allegri che si sente poco sostenuto dalla società. Onestamente mi permetto di dissentire.

Fino all’eliminazione dal girone della Champions League, Allegri ha avuto ancora Agnelli che si è sbilanciato per lui.

Anche dopo le dimissioni di Andrea e del suo team, la nuova “dirigenza tecnica” si è sempre spesa a suo favore e lo ha praticamente eretto a intoccabile.

Anche la stampa è stata ben tollerante nei suoi confronti, considerando che i risultati di questa annata per qualsiasi altro allenatore avrebbero significato esonero quasi certo.

Per cui, dire che Massimiliano Allegri è stato lasciato solo mi sembra quanto meno un azzardo.

La verità è che il ritorno del tecnico livornese sulla panchina bianconera è un fallimento.

 Lo è dal punto di vista dei risultati, suo cavallo di battaglia, di cui si è vantato per anni.Dal punto di vista della costruzione di un progetto, che latita e che non si definisce.

Dal punto di vista della gestione, del gruppo, della comunicazione.

Lo è ancor di più dal punto di vista della tifoseria, quanto mai divisa dalla sua presenza tra coloro che ancora lo considerano intoccabile malgrado tutto e coloro che invece hanno aperto gli occhi.

L’amicizia con l’ex Presidente è stata senza dubbio una sicurezza per Allegri. Il suo porto sicuro. Con l’uscita di Andrea, il colosso, la cui caduta era già scritta, ha cominciato a correre più velocemente verso la sua fine.

Fonti autorevoli vedono il tecnico di Livorno ancora in pianta stabile, malgrado tutto, per il prossimo biennio, come da contratto.

Io non so cosa aspettarmi,  ma se non basta nemmeno un fallimento a conclamare la fine di una gestione così arida come quella dell’Allegri bis, allora significa che la Juventus, quella degli Agnelli, è veramente morta.

E non per colpa di congiure esterne.

Solo un cambio di proprietà potrebbe – e sottolineo potrebbe – farla rinascere da tutte queste macerie.

Daniela Russo