Ricordo perfettamente il 10 luglio 2018, il tripudio, la gente che già vedeva una sfilza di Champions nella bacheca della Vecchia Signora. Perché? Caspita arriva lui, Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro!
Ma non sei contenta?

No.

Pazza, tu sei pazza!

Sono stata tranquilla nella mia pazzia consapevole che, per i più, la freddezza manifestata all’arrivo del portoghese fosse dovuta alla mia sincera antipatia per lui.

Ronaldo
Fonte immagine Twitter

In realtà mi piace lasciarlo credere, perché è più facile dare colpa alla mancanza di obiettività che cercare di guardare oltre. 

Chi conosce bene la Juventus – e quella sua storia, così radicata, così totalmente entrata nel DNA – capisce (forse  meglio oggi, dopo la cocente delusione della Coppa Italia) che tra la Juventus e Cristiano Ronaldo non funziona e non funzionerà mai.

E non perché il portoghese sia un problema a prescindere, perché sarebbe ingiusto e disonesto dire così.

Non funziona allorché sai – perché si vede – che vivono e respirano in due universi paralleli.

La  Juventus ha una vita lunga 122 anni, in cui il suo orizzonte è stato rigorosamente legato al ménage nazionale, quasi disinteressata all’Europa e in alcuni momenti costretta –  da pressioni economiche soprattutto – a interessarsene.

E attenzione che con Andrea Agnelli le cose non sono cambiate: è solo più furbo lui a renderle di un altro colore. Ma la sostanza non cambia: lo Scudetto, prima di tutto.

La Juventus da sempre non mette – MAI – il singolo prima della squadra.

Non lo sa fare, non ne è capace, non lo faceva nemmeno con Platini che pure era il cocco dell’Avvocato (lo sanno anche le pietre) e che godeva della sua immensa stima a prescindere.

Non lo sa fare e non lo vuole fare perché non può accettare che qualcuno venga prima di Lei,  la Signora. E soprattutto che qualcuno venga prima della Famiglia, la Famiglia Agnelli.

Non sa muoversi con dimestichezza nell’ universo europeo, ci ha provato ma non ha mai imparato.

Immaginate ora di affidarle allora questo giocatore pluri Pallone d’Oro, pluri osannato, pluri premiato, pluri tutto. Chi più ne ha più ne metta. 

Il quale – come tutte le Star – è assolutamente abituato a stare al centro di ogni cosa: dei progetti, delle menti degli allenatori, del visibilio del pubblico, delle azioni dei suoi compagni.

Il quale non ha nessuna intenzione o voglia – fa bene, non fa bene? Ognuno risponda come preferisce  – di uniformarsi agli altri (e alla Juve si è pure sforzato!). Che non ha trovato in tutta la sua carriera che un solo allenatore capace di conquistarlo e di tenere testa alla sua complicata figura.

Devo continuare? Non credo.

La Juventus ha commesso un grave peccato di presunzione andando a acquistare Cristiano Ronaldo. Lo ha fatto allettata dalla fame di lustro, di guadagno di ritorno, dal pensiero della crescita del marchio e delle vendite.

Senza minimamente porsi il problema delle conseguenze.  Presentandogli una squadra inadeguata alle sue esigenze dal punto di vista tattico, ma anche impreparata a livello psicologico.

Perché accettare di giocare “in funzione di” non è una cosa che puoi imporre a un gruppo così, dall’oggi al domani.

Perché i compagni che ha affiancato al portoghese non sono esattamente gli stessi che lui aveva al Real: in Spagna i 10 che lo accompagnavano hanno senza ombra di dubbio contribuito al suo Regno.  E anche in maniera cospicua: insomma, i meriti di Ramos & Co. non si possono negare nell’ economia dell’ Impero di CR7 a Madrid.

Perché gli ha offerto due allenatori che né l’uno né l’altro, a turno,  hanno saputo prendersi il rispetto  dell’attaccante (sorvolo sui tentativi a vuoto  di Sarri di convincerlo a ricoprire il ruolo di centro dell’attacco).

Cristiano Ronaldo, a dispetto di quanto la Juve rappresenta – e rappresenta tanto,  nella storia del calcio italiano – si sentirà sempre superiore a essa. Permetterà sempre alle sue care sorelle di metterlo su un piedistallo e di dare tutta la colpa agli altri, là dove Ronaldo stesso  fallirà.

Perché lui è così. Non lo cambi. Come non cambi la Juventus.

La Juventus ha commesso un grave peccato di presunzione.

Alla fine ha fatto come quei cafoni arricchiti, che escono con il Rolex al polso in bella mostra, ma non riescono – purtroppo – a cancellare la loro origine. 

I grandi risultati si ottengono anche con giocatori meno blasonati (e meno difficili da gestire): purtroppo i sogni di eccessiva gloria fanno quasi sempre male e rischiano di lasciare con un pugno di mosche in mano.

E con strascichi che nemmeno tutte le magliette vendute riescono a cancellare.

 

Daniela Russo