Oliver Bierhoff, di certo non un esempio di classe ed eleganza… ma del resto ciò che conta è fare goal.

Oliver Bierhoff in effetti del goal era un vero specialista ma non si può dire che sia nato sotto una buona stella.

Il suo esordio in Bundesliga avvenne appena diciottenne, seguendo una trafila lunga cinque anni dall’Uerdingen, all’Amburgo e infine al M’gladbach.

Le presenze non sono tantissime, i goal discreti ma lo stile di gioco grezzo di Bierhoff non suscita l’interesse delle grandi di Germania.

Cerca fortuna altrove, nella vicina Austria, e mette radici nel Salisburgo. Il rapporto tra reti segnate e partite giocate migliora nettamente, tanto che a notarlo sono gli osservatori dell’Inter.
Bierhoff è ancora acerbo per fare il grande salto di qualità così i nerazzurri lo spediscono a fare gavetta all’Ascoli. In quegli anni la società è presieduta da un instancabile lavoratore come Costantino Rozzi.

Bierhoff Milan
Foto: Twitter

L’avventura italiana inizia col piede sbagliato: a fine stagione l’Ascoli retrocede e Bierhoff conclude con due soli goal all’attivo.
Il riscatto di Bierhoff arriva proprio in Serie B, dove si laurea capocannoniere nel 1993 e vice capocannoniere l’anno successivo.
L’Udinese decide di riportarlo nella massima categoria e sarà proprio con la maglia dei friulani che Bierhoff disputerà le sue migliori stagioni in Italia.
Dopotutto diventare il giocatore ad aver segnato più reti nel 1997-98 non era roba da tutti, anzi, 27 goal non venivano segnati da quando giocava Sergio Brighenti (si parla di trent’anni prima).

L’Udinese diventa la nuova forza del campionato, inseguitrice delle solite Juventus ed Inter, e Bierhoff si fa conoscere definitivamente per la sua peculiarità di segnare quasi solamente di testa.
Il suo gioco con i piedi – spesso definito grezzo, poco elegante – riesce più di una volta a battere i grandi goleador del campionato.
Sul finire degli anni ’90 la stampa definisce Bierhoff il più forte giocatore in circolazione nel gioco aereo.

È il candidato perfetto per affiancare George Weah nel reparto offensivo del Milan.
Amante delle belle giocate e dei goal mozzafiato, Weah sembra proprio la nemesi di Bierhoff, sarà per questo che l’accoppiata è vincente. I due portano il Milan alla conquista dello scudetto e il tedesco rimane a Milano per le successive due stagioni.

Bierhoff Milan
Foto: Twitter

La carriera di Bierhoff rimane legata indissolubilmente al Bel Paese, tant’è che decide di disputare la sua ultima annata al Chievo prima di ritirarsi dal calcio giocato.
A 34 anni appende i tacchetti al chiodo… ma non prima di aver segnato una tripletta memorabile contro la Juventus che vale il settimo posto ai gialloblù.

A “tempo perso” Bierhoff si laurea in economia ed entra a far parte dello staff della nazionale tedesca, occupando il ruolo di manager ed esperto in comunicazioni che tutt’ora ricopre.
Un ottimo modo per ripagare la propria Nazionale, con cui aveva raggiunto il tetto d’Europa nel 1996.
Da quando cura l’Academy e il settore giovanile la Germania non fa altro che sfornare piccoli talenti.

Federica Vitali