Il grande disegno divino del Dio del calcio ha previsto dal primo momento che Andrea Pirlo fosse destinato a grandi cose. Un uomo di arte, di poesia, che ha fatto del pallone da calcio il suo pennello e la sua tavolozza.

Inizia con il brivido delle grandi emozioni la sua carriera calcistica, con la casacca del Brescia che già aveva formato orde di eroi.

Una retrocessione preannunciata a fare da sfondo al suo esordio, poi una promozione, dopo ancora un’altra caduta verso la serie cadetta.

Shakespeare diceva che i piaceri violenti hanno violenta fine eppure, nel rocambolesco percorso del Brescia Calcio, non passa inosservato l’astro nascente Andrea Pirlo.

Come da consuetudine, prima di un palcoscenico importante come quello dell’Inter, che si era assicurata il suo cartellino, Pirlo viene mandato alla Reggina per farsi le ossa.

La verità è che il futuro Maestro non ha bisogno di farsi la pelle dura.

Il suo calcio è l’opposto: leggero e soave, tremendamente efficace, preciso come lo scultore che modella il marmo. La stagione da protagonista alla Reggina non gli assicura purtroppo un pass per il calcio dei grandi.

I colori nerazzurri che si ritrova ad indossare non sono quelli dell’Inter ma del Brescia con cui ha mosso i primi passi.

C’è vento di novità nell’aria.

Carlo Mazzone si ritrova tra le mani il diamante grezzo Andrea Pirlo e un puledro purosangue che risponde al nome di Roberto Baggio.

Ed un uomo come Carlo Mazzone, un Allenatore come Carlo Mazzone, capisce quando sta per giocare una mano vincente. Sa che non può rinunciare ad uno dei due giocatori e allora arretra Pirlo, destinandogli quella posizione di regista che diventerà il suo nido, la sua casa.

L’accoppiata è più che vincente.

Pirlo ha questo dono, come un terzo occhio, che gli consente di vedere gli esiti dell’azione prima che essa si sia conclusa. Muove i fili del centrocampo come un abile burattinaio e regala a Baggio giocate visionarie, come se sapesse da prima dove le gambe di Robi si sarebbero mosse. 

È la magia del calcio di Andrea Pirlo.

Il Milan è sempre stata una società in grado di vederci lungo nel mondo del calcio. Lo stop dovuto alla frattura del quinto metatarso rese scettici i vertici rossoneri che inserirono Andrea Pirlo in una trattativa estiva, assicurandosi il giocatore.

Poi come detto è stato il destino a fare il resto, per seguire il disegno divino che il Dio del calcio aveva immaginato per il suo protetto.

Sorte vuole che Gennaro Gattuso e Massimo Ambrosini inizino la stagione 2001-2002 da infortunati. A Carlo Ancelotti serve assolutamente qualcuno da posizionare davanti alla difesa per dirigere il gioco. Si muove dunque in avanti sulla scacchiera l’alfiere Andrea Pirlo.

Il genio di Carlo Ancelotti con il suo modulo ad albero di Natale si sposa perfettamente con l’intelligenza tattica di Pirlo, titolare inamovibile in cabina di regina. Parleranno di “uno Zico davanti alla difesa”. Il Milan fa scaccomatto.

Il percorso di Pirlo al Milan è costellato di successi e di delusioni. Un uomo come Pirlo perde spesso la concezione di cosa sia vita e di cosa sia calcio, forse perché per geni innati come lui il calcio è vita. Fu il primo a parlare di “sindrome di Istanbul” dopo la notte da incubo contro il Liverpool, che lo tormenterà come una storia di fantasmi. Però forse è giusto che anche Andrea Pirlo abbia i suoi demoni, lui che ha una mente che non riposa mai, che viaggia sempre un miglio avanti a tutti.

Resta uno dei misteri della scienza moderna il suo mancato Pallone d’Oro.

Come avevamo citato all’inizio della nostra narrazione: i piaceri violenti hanno violenta fine.

La fine di Andrea Pirlo in casacca rossonera prende il nome di Massimiliano Allegri. 

Il Milan commette il clamoroso errore di dichiarare finito il culmine della carriera di Andrea Pirlo e lo taglia fuori dai progetti della squadra.

Il Maestro, a giusta ragione, non accetta l’affronto e varca la soglia di Milanello. Ad attenderlo c’è un cliente adatto all’eleganza del suo calcio: la Vecchia Signora.

Pirlo prende una squadra colpita nell’orgoglio dallo scandalo di Calciopoli e nonostante lo scetticismo generale lui ha tutta l’intenzione di rinascere dalle ceneri in cui è stato gettato insieme alla Juventus.

Non sorprende il fatto che Pirlo riesca nel suo intento, rivelandosi uno dei giocatori protagonisti nel nuovo ciclo di successi bianconeri.

Premi, classifiche, riconoscimenti: l’Europa e il mondo del calcio intero sa che Andrea Pirlo è un artista del centrocampo.

Il Santiago Bernabeu gli dà la sua benedizione con una standing ovation durante la gara di Champions League contro il Real Madrid, un privilegio concesso prima di allora solo ad Alessandro Del Piero.

Il destino sembra giocargli un brutto tiro quando è proprio Massimiliano Allegri a sedersi sulla panchina della Juventus, chiamato a sostituire un insostituibile Antonio Conte. Pirlo e il mister fanno pace con il passato e Allegri sembra ritornare su suoi passi.

Durante la sua permanenza alla Juventus non farà mai a meno di Andrea Pirlo fino al momento del suo addio al calcio italiano, nell’estate 2015.

Primo del suo ritiro definitivo Pirlo vola nel nuovo mondo perché un uomo dalla spessa cultura calcistica ha anche fame di nuove esperienze. Non solo vuole capire cosa abbia attirato i grandi nomi del calcio negli Stati Uniti ma è abbastanza altruista da consentire al pubblico americano di godere delle sue magie.

Il New York City potrà vantarsi di essere stato l’ultimo club di Andrea Pirlo, campione d’Italia, del mondo e d’Europa, estro ed eleganza, genio e fantasia.

 

Federica Vitali