Quando cambiano i giocatori, si sa, spesso si snatura l’equilibrio portante di una squadra. Una cosa basilare, dato che si basa tutto su schemi e azioni fondate sulle qualità dei singoli giocatori. Spesso, però, si può anche trovare nuovo vigore. È il caso del Napoli.

Questo Napoli da record che sta stupendo, completamente, la Serie A e il calcio estero. 

Un Napoli che ha saputo mantenere una propria identità, arricchendola e rendendola, quasi come se fosse telecomandata.

Si osannano i giocatori, meritevoli di essere coloro che portano in campo uno spettacolo impressionante, ma, soprattutto, l’allenatore, Luciano Spalletti.  

La memoria, però, riporta allo scorso anno.

Una partenza sprint, capace di sbalordire tutti. È un marchio quasi di fabbrica, quello dell’allenatore toscano, così come ci ha abituato anche ai tempi di Inter e Roma, tra le altre. 

Poi, un lento declino, scaturito disastrosamente nell’eliminazione in Europa League, o nelle surreali sconfitte contro Fiorentina ed Empoli.

Nonostante un buon terzo posto, e il ritorno in Champions League, aveva lasciato un pesante amaro in bocca e fatto discutere, dividendo la tifoseria in due: chi voleva l’esonero, e chi invece gli dava piena fiducia. 

“Spalletti la Panda te la restituiamo, basta che te ne vai”.  

Recitava così, uno striscione apparso fuori al Maradona, ricordando un furto subito dall’allenatore.  

Poi la musica, come in una perfetta sinfonia di Mozart, è cambiata. O meglio, sono cambiate le note musicali che la componevano.

Uno spartito ormai alla fine del suo ciclo vitale, senza più quel brio che lo aveva caratterizzato.

Gli addii di Insigne (Toronto), Mertens in Turchia e Koulibaly al Chelsea, hanno pesato, ma fino a un certo punto. A ciò si vanno ad aggiungere le cessioni di Fabian e di Ospina, che in un primo momento avevano destabilizzato la piazza. Poi un crescendo di emozioni, con le mirabolanti e impressionanti arrivi, del georgiano Kvicha Kvarataskhelia, o di Simeone, Raspadori, Minjae e Ndombelé.

Calciatori che danno nuovo apporto elettrico a una squadra, che aveva decisamente bisogno di una scarica di elettricità.

Kvicha è pura magia, che corre sulla fascia come se ne dipendesse la sua vita, dribblando e scaricando il tiro giusto.

Nuovi innesti, che puntano sul valorizzare le qualità tecniche. Se lo scorso anno, si puntava sui lanci di Insigne o di Fabian dalla mediana, o verso Osimhen, ora con Giacomo Raspadori, si punta al gioco sulle trequarti. 

E a proposito di trequarti. È imponente e rivoluzionato dal cambio di Spalletti: Stanislav Lobotka. Un giocatore, quasi surclassato, ormai l’ormai di quello che giocava nel Celta Vigo. Ora invece, sembra rinato, diventando primo per passaggi corretti: 93,7%.

Riesce, inoltre, a dare al Napoli quella giusta dimensione: una squadra più corta e un recupero palla più veloce.

Il centrocampo partenopeo, però, ha trovato nuova linfa grazie all’esplosione di Zielinski, migliorato anche per inserimenti, assist e dripping. Senza dimenticare, le riconferme. Prima fra tutte, quella di Anguissa, tecnico e atletico quanto basta, capace di diventare un totem del centrocampo, muovendosi come un regista esperto. 

Un Napoli imprevedibile, capace di prendere il pieno possesso della partita, conducendo il gioco a suo modo, senza però cadere negli eccessi.

Una squadra, un gruppo, che punta tutto sul gioco e non sulla individualità. Fondamentale, risulta, la possibilità di cambiare il tutto con un semplice scrocchio delle dita, grazie agli innesti dalla panchina.

La partita cambia, e quell’imprevedibilità, che per molti può sembrare un azzardo, diventa invece l’arma in più della squadra di Spalletti.

Una misura, dove tutti sono fondamentali, e nessuno è indispensabile. Parafrasandolo: “Le riserve sono i titolari del secondo tempo.” 

Una squadra corale, che trova nell’attacco la sua arma più potente: 15 giocatori a segno.

Un Napoli che illumina l’Europa: complimenti e ammirazioni, inoltre, dalla stampa estera, che celebra le vittorie azzurre.

Una striscia di 13 vittorie consecutive, che la squadra principe d’Europa, il Liverpool, ha messo fine, nell’ultima partita del girone A di Champions.

Una sconfitta che, però, non pesa a livello di classifica. Il Napoli, infatti, chiude da prima della classe, un girone, che ai sorteggi era stato visto come quello da tenere d’occhio. 

Venti goal segnati e cinque vittorie: un ottimo bilancio che va ad aggiungersi a ciò che sta facendo in campionato.

È un cambio soprattutto mentale, quello messo in atto da Spalletti.

Traspare l’idea di un gruppo, di una squadra, coesa che sa dove può andare ed ha piena fiducia dei suoi mezzi. Dove può arrivare questo Napoli è imprevedibile, Mondiale in Qatar compreso. Nel frattempo, non ci resta che goderci il big match di sabato 5 novembre: Atalanta-Napoli. 

 

Rosaria Picale