Non c’è inizio senza una fine e nei finali, quelli brutti senza lieto fine, gli animi si perdono nei meandri dello sconforto e credere in se stessi non è poi così semplice. Una scossa, una rottura di equilibri, o semplicemente, un cambio di rotta, per quanto sconvolgente possa sembrare, può rivelarsi rivitalizzante più di quanto si creda.

Tutto ebbe inizio dalla fine: la fine di un amore mai sbocciato realmente, di un legame che si era sfaldato nel peggiore dei modi, dopo l’ennesima prestazione che di sconforto, a Roma, ne aveva seminato tanto. Era l’indomani di Roma-Milan, un pareggio dal quale si traeva una sola conclusione e soluzione, quella secondo la quale il connubio Roma-Garcia era giunto al capolinea. Garcia esonerato, Spalletti subentra al suo posto e torna a sedere su quella stessa panchina sulla quale aveva lasciato parte di se stesso. Sono bastati un pareggio e una sconfitta per entrare a pieno nelle logiche di Trigoria e dello spogliatoio e l’1-0 a Torino contro i bianconeri è stato l’ultimo match dal quale i giallorossi ne escono sconfitti. Da Torino a Genova, da sesto a terzo posto, Spalletti si è fatto carico di una squadra allo sbando, priva di idee e lucidità, da brutto anatroccolo fino a trasformarla in splendido cigno a -2 dal Napoli secondo in classifica dopo la Juve, ormai campione d’Italia.
Nove le vittorie dei giallorossi dopo Juventus-Roma un filotto vincente che ha dato vita a una rimonta da podio, filotto interrotto da un pareggio in casa contro l’Inter dal quale però i giallorossi escono rafforzati, fisicamente e mentalmente. Al pareggio con i nerazzurri che, vincevano 1-0 fino al gol di Nainggolan, si succede la meritatissima vittoria del Derby. I due pareggi successivi, contro Bologna e Atalanta, hanno fatto sperare i nerazzurri di Mancini di poter riacciuffare il terzo posto, speranza vana perché questa Roma sigilla il podio di bronzo e, la vittoria contro gli azzurri di Sarri accende, addirittura, uno spiraglio sulla conquista del secondo posto lontano soli due punticini.
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Merito di Spalletti? Merito di Totti? Merito del mercato di gennaio? Sono tanti gli interrogativi su quale possa essere stata la scintilla che ha infiammato Trigoria e abbia ridato gas a quella che era considerata, a inizio stagione, una delle più attrezzate rose per la corsa scudetto. Dopo una lunga caduta verso il baratro, olio di gomiti, concentrazione e spinta motivazionale sono stati gli ingredienti che hanno condito un girone di ritorno succulento e piccante per i giallorossi; un girone di ritorno condito da sforzi e battibecchi, da liti e supposizioni che ad oggi, a due giornate dalla fine, lasciano scappare qualche interrogativo più che lecito. Non tutto è rose e fiori: a Trigoria, infatti, non sono mancate le turbolenze, nota a tutti la diatriba Totti-Spalletti, diatriba che ha, ancora una volta, scisso la tifoseria in due parti. Da un lato chi, storicamente attaccato alla maglia e alla bandiera, non digerisce il trattamento poco rispettoso (questo ciò che recriminano al tecnico) nei confronti del Re di Roma Francesco Totti e, chi si schiera dalla parte dell’allenatore sostenendo la teoria secondo la quale Totti deve, per il bene della squadra, accettare di essere eclissato se non addirittura allontanato. In scadenza il contratto che lega il Capitano alla sua Roma, pare non ci siano segnali di rinnovo e la rottura di una delle storie d’amore più belle del calcio contemporaneo sembra alle porte.
Questo, però, prescinde da alcuni importanti episodi che potrebbero far rivedere i piani alla società giallorossa: il pareggio contro l’Atalanta firmato Francesco Totti e la freschissima vittoria a Genoa nata, ancora una volta, da un tenace capitano che di lasciare la sua nave non ne vuol proprio sentire e segna il gol del 2-2, gol che vale un pareggio e addirittura la spinta provvidenziale che permette di vincere il match, vittoria realizzata grazie al faraonico gol di Stephan El Shaarawy.
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Un inizio stagione decisamente da archiviare, una situazione complessa e tesa che ha dato vita ad un turbine di negatività nel quale, oltre ad esser coinvolti spogliatoio e squadra ad alimentare il tutto, anche, il coinvolgimento dei tifosi. Roma senza capisaldi, allo sbando e priva di supporti. Un allenatore che ormai faticava a compattare il gruppo che, a sua volta, non lo seguiva più lasciando sfumare ogni possibilità di concentrazione fuori e dentro il campo; una tifoseria sempre più indignata ed esasperata per le prestazioni della squadra e in lotta con società e prefetti per uno stadio smembrato e lontano dalle logiche storicamente radicate del tifo Romano, a Trigoria i presupposti per un crollo c’erano tutti e il crollo, di fatti, c’è stato. A salvare la zattera è bastato mister Spalletti che, però, non è ancora riuscito a compattare tutti gli aspetti traballanti che generano, inevitabilmente, tensioni. Come se non bastasse, Luciano Spalletti per alcuni versi pare li abbia esasperati, rendendosi protagonista di uno spiacevole scacco matto con il più amato dei tifosi che, però, prima di cadere nell’occhio del ciclone era intorpidito e poco funzionale. Sarà adesso un caso che, dopo urla, liti, continui tira e molla con l’allenatore, Capitan Totti è tornato a segnare, a correre in campo e soprattutto a fare la differenza. Alle coincidenze non c’è mai fine ma, forse, sorge spontaneo pensare o semplicemente provare a supporre che possa essere stato tutta una psicologia inversa con la quale Spalletti, che Totti lo conosce fin troppo bene, abbia provato ad estrapolare le potenzialità che per mesi erano rimaste intrappolate ed assopite e che con toni morbidi e modesti, probabilmente non sarebbero esplose. Barlume di speranza? Chi lo sa che magari questo temuto divorzio non avvenga e che il lieto fine sia il risultato di una stagione ricca di imprese.
Egle Patané