Notato dallo scout dell’epoca della Juventus, Romano Mattè, Igor Tudor arrivò a Torino nel 1998 ricoprendo il ruolo di pilone davanti alla difesa, un mediano gigante, imponente nei movimenti ma dotato di buona tecnica.

Si può tranquillamente dire che tutta la sua carriera sia concentrata in quel periodo (1999-2005) con la maglia bianconera. È in questo periodo che si concentra anche la sua esperienza con la Nazionale croata (55 presenze e 3 gol), con la semifinale al Mondiale di Francia che rappresenta il punto più alto della generazione di Boban e Suker. I

l ventenne Tudor quel giorno era in panchina. Giocherà da titolare invece il Mondiale del 2006.

Una carriera calcistica ristretta, perché il passaggio al Siena, il rientro alla Juve in B (ma senza mai scendere in campo per un infortunio alla caviglia) e il definitivo ritorno a casa all’Hajduk non sono certo state tappe significative.

Con Montero ha formato una coppia inossidabile di centrali: duri, rudi, cattivi quanto serviva. La duttilità che aveva da giocatore è una caratteristica che ritroviamo anche nel Tudor allenatore.

In bianconero si è tolto anche la soddisfazione di segnare qualche gol pesante, uno per tutti, quello in pieno recupero agli ottavi della Champions League 2002-03 contro il Deportivo La Coruña.

Cinque anni ad alto livello, questo è stato Tudor. Che a trent’anni era già suo malgrado un ex giocatore, costretto a lasciare la scena a causa dei continui problemi fisici.

A quarant’anni era già allenatore.

Si è formato alla scuola di Lippi (con cui ha vinto due scudetti), qualcosa ha preso anche da Ancelotti, soprattutto nella gestione dello spogliatoio: sono loro i suoi allenatori di quegli anni a Torino, prima dell’esperienza da vice con Edi Reja all’Hajduk.

Formatosi tra i campi di casa (Hajduk), Grecia (Paok) e Turchia (Karabukspor e Galatasaray), prima di arrivare in Italia (a Udine, dove da subentrante ha centrato due salvezze) e oggi a Verona.

Tudor la Juve l’ha anche allenata, come collaboratore tecnico di Pirlo, l’anno scorso.

Poi si è sentito superato nel ruolo di vice da Baronio. E ha fatto un passo a lato. L’addio è stato al veleno. Tudor ha definito ingiusto l’esonero a fine stagione nonostante la qualificazione in Champions. E soprattutto nei confronti di Pirlo, da cui tra l’altro era stato scelto.

Sono rimasto molto deluso da lui. Deluso perché Pirlo mi ha messo sullo stesso livello degli altri suoi assistenti. Ma questa esperienza mi è servita: non farò più il secondo, perché io invece sono un allenatore

E lo sta dimostrando alla grande sulla panchina del Verona che quest’anno sta avendo una stagione incredibile: meritatamente al 9 posto in classifica, i veronesi iniziano a sognare a qualcosa in più della salvezza.

Tudor è diventato tecnico del Verona alla quarta giornata portandola fuori dalla zona retrocessione, con 12 punti conquistati in 7 partite in quel Bentegodi dove sono già cadute due big come Roma (3-2) e Lazio (4-1).

Tecnico di carattere. Sul versante tattico predilige il 4-2-3-1 come modulo di base ricorrendo a volte anche al 3-5-2. Importante nell’economia del gioco impostato da Tudor è il ricorso a un pressing molto alto volto a recuperare il possesso nella trequarti avversaria e, di conseguenza, impedirne tentativi di costruzione dal basso.

Contro la Juve una partita l’ha vinta al Bentegodi lo scorso 30 Ottobre. I gialloblu, avevano vinto tutte e tre le precedenti partite casalinghe, affrontavano i bianconeri lontani dalla vetta e con un solo punto raccolto nelle ultime due gare di campionato.

A Torino invece il 6 febbraio scorso il Verona ha perso. Tudor si è dimostrato visibilmente emozionato di tornare allo Stadium da allenatore, ha dichiarato nel prepartita che:

Sono arrivato alla Juve molto giovane, lì sono cresciuto con i vari Montero, Iuliano. Sono entrato bambino e sono uscito uomo. Ho scoperto la cultura del lavoro, che non è scontata in tutte le società. Per me sarà la prima volta da allenatore avversario a Torino, ci sarà il 50% di pubblico dopo i 5.000 delle ultime partite, quindi sarà ancora più bello

Tudor è riuscito a tirar fuori il meglio dai propri giocatori facendo esplodere in questo campionato giocatori come Tameze, Barak, Lazovic. Due giocatori di sicuro valore nella rosa gialloblù sono Simeone e Caprari, tornati nell’orbita delle rispettive nazionali:

“Sia Simeone che Caprari avrebbero meritato la convocazione nelle rispettive nazionali. Al posto loro – assicura il tecnico croato – sarei molto contento di questa cosa: fa parte della loro vita, della loro professione. Io li invito sempre a non pensarci, ma a concentrarsi per giocare bene, vincere, divertirsi, giocare ogni domenica: questo è quello che farei io”.

Pensare che Verona e Liverpool sono le sole due squadre dei top 5 campionati europei con tre calciatori in doppia cifra di gol in campionato.

Per Tudor infine il calcio è sempre più esigente:

Il Verona di Igor Tudor sta dimostrando lo stesso carattere coriaceo che contraddistingue la sua guida tecnica

 

 

Ilaria Ianni’