Bizzarro quanto puntuale talvolta il destino e la bizzarria sta proprio nella puntualità. Giusto ieri si è giocata Roma Liverpool, il ritorno di semifinale di Champions, forse, ad oggi, non a torto, una delle più entusiasmanti partite degli ultimi dieci anni della storia giallorossa. E proprio ieri all’Olimpico, complice qualche immagine girata oggi sui vari social, qualcuno ci insegna che la storia non sempre insegna. Durante il match di ieri sera dagli spalti un tifoso romanista ha sciorinato con tanto di orgoglio, mostrandolo ai reds, la foto del tifoso del Liverpool tristemente aggredito durante il match di andata negli scontri che hanno visto protagonista dei tifosi giallorossi.

Puntuale come un orologio svizzero e oltre al danno anche la beffa! Se non fosse che la beffa è un ghigno di cattivo gusto fatto all’Italia intera, e forse all’Europa, se non addirittura all’umanità. Sì perché di umano, il gesto ha poco o nulla, e il perseverare si sa è diabolico, non umano. Perseverare per l’appunto, se solitamente pensar male è peccato, in questo caso il peccato sarebbe non farlo. 

Correva l’anno 2014, era il 3 maggio, ed era più o meno quest’ora quando veniva ufficializzata la notizia: Fuori dall’Olimpico succedeva di tutto, il possibile e l’impossibile ma soprattutto, l’umano e il disumano. L’umano perché la volontarietà è frutto di ragione, quella però mai utilizzata in quell’occasione, l’inumano perché tant’è quello successo: scontri, aggressioni, bombe carta, petardi, una pistola e cinque colpi sparati ad altezza uomo, feriti, un morto. Ciro Esposito, 31 anni, tifoso napoletano colpito a gratis da ultras giallorossi che in quel caso erano estranei ad una partita che non era neppure loro. Un non so che di animalesco, perché è così che fa l’animale, rivendica il proprio territorio e la propria forza laddove da rivendicare c’è poco. Daniele De Santis ha sparato e ha colpito Ciro che è stato agonizzante per settimane su un letto d’ospedale e il mondo intero a soffrire con lui, poi, la morte, poi, tutto il resto è storia. Triste ma pur sempre storia, la stessa che a quanto pare insegna poco. Perché in quel di Roma ancora si espongono striscioni in supporto di DDS, come recitano gli stessi, “DDS libero” recitano. Urlano in nome della libertà verso qualcuno che la libertà quella vera l’ha sottratta a chi di libertà viveva e che ora non vive più.

Striscione giallorosso all’Olimpico in “Onore” a Daniele De Santis

Oggi, a quattro anni da quella maledetta finale di Coppa Italia, gli ultras partenopei sono sul lungomare in memoria di Ciro come da quattro anni a questa parte sono soliti fare, nel nome di una giustizia che, come la mamma di Ciro dice, è ingiusta specie perché a renderla tale non sono solo magistrati e avvocati ma tutti quelli che ancora oggi inneggiano ad una violenza che solo un animale riesce a legittimare.

Di calcio non si muore e non si dovrebbe

#Cirovive nel cuore del tifo, quello sano, quello bello, quello che con la violenza non ha niente a che fare.

Ecco come vive Ciro nel cuore di tutti noi, a distanza di quattro anni