Forza, lealtà, ingegno: se cercate la storia d’amore perfetta allora state parlando di Xavi e del suo Barcellona.

È facile rimanere legato ad una squadra nei suoi anni d’oro, quando un club così blasonato ti permette di arrivare sul tetto del mondo. Xavi lo sa, lui problemi a militare nel Barcellona non ne ha mai avuti.

È dal 1998 al 2015 che il centrocampista veste la maglia blaugrana, sollevando più trofei di quanti ne possa aver sognati.

Ha appena 11 anni Xavi quando entra nelle giovanili del Barcellona, in pratica le sue prime parole sono “Visca el Barça” piuttosto che “mamma e papà”.

Sarà pur stato semplice per Xavi innamorarsi del Barcellona ma l’amore non è mai un sentimento a senso unico e Xavier Hernández Creus era il tipo di persona che chiunque avrebbe voluto al suo fianco.

Sotto i suoi piedi sono passate le giocate più sensazionali della storia del calcio moderno.

Perché per innescare Messi, Ronaldinho, Neymar, Luis Suarez, Eto’o… non puoi essere uno qualunque. Devi avere un talento e un’intelligenza fuori dall’ordinario.

E Xavi ce l’aveva, ce l’ha. Aveva il dono.

Guardiola, con cui prima ha condiviso l’erba del campo da gioco, lo consacra e lo fa capitano. Perché se Messi era il re di Barcellona allora Xavi era il suo generale, il comandante delle truppe.

Quel Barcellona un esercito lo era davvero.

La giusta fusione tra una macchina da guerra e un sogno ad occhi aperti.
Xavi non ne fu spettatore ma protagonista.

Sarebbe lungo e superfluo nominare il numero indecente di trofei sollevati e record infranti nella sua lunga carriera al Barcellona e con la Spagna.

Con gli scarpini ai piedi Xavi è stato uno dei più grandi registi della storia del calcio. 
Xavi è stato unicamente e meravigliosamente Xavi e solo questo dovrebbe bastare per farvi venire la pelle d’oca.

A carriera finita, con tutta la fortuna e l’orgoglio accumulati, cosa gli avrebbe impedito di voltare le spalle a tutto e rifugiarsi nel mondo dorato delle vecchie glorie?

Xavi non solo è tornato dal suo Barça ma lo ha fatto nel momento peggiore, nel momento della crisi.

Lui, che con la maglia blaugrana, un periodo così buio non l’aveva mai vissuto.

Non è scappato, non ha ignorato il grido d’aiuto della sua gente: era giunto il momento di restituire tutto ciò che il Barcellona gli aveva dato.

Prima di ridisegnarne il gioco, Xavi deve recuperare il morale del suo Barça, lo spirito di squadra, che forse è la missione più difficile per un allenatore.

Travolto dalle forze inglesi e tedesche in Europa, dolorosamente lontano dagli eterni rivali madrileni.

È difficile dire se le ferite più insanabili siano quelle economiche o quelle dell’orgoglio.

Messi va via in lacrime, le luci del Camp Nou si spengono, Dani Alves accetta di tornare anche senza stipendio.

E nel bel mezzo del caos, come una pozza d’acqua in mezzo al deserto, c’è Xavi. 
Perché chi come lui ama in maniera totalizzante il Barcellona non può accettare che il suo destino incomba così.

Il Barcellona ricomincia da Xavi, così come Xavi cominciò dal Barcellona. Perché certe luci non puoi spegnerle.

 

Federica Vitali