L’Inter soffre la sindrome da braccino corto, somatizza in pareggite acuta e snobba sicurezze e via semplice. Finisce a reti inviolate a Udine e la qualificazione è lì ma non ancora certa

Continuare a speculare su quanto la squadra di Spalletti abbia un’inclinazione peculiare nel complicarsi l’esistenza sarebbe superfluo e ridondante, sortendo in fin dei conti lo stesso effetto del palleggio nerazzurro di ieri: lavoro fine a sé stesso. L’Inter a Udine parte bene, almeno nell’approccio. Ci mette grinta e prova da subito ad imporre il proprio gioco fatto di palleggio e costruzione da dietro. Appunto…Prova.

L’Udinese prende le misure e dopo venti minuti di apparente calma e passività, si sveglia e rivendica il territorio

I padroni di casa si svegliano dal torpore iniziale e iniziano a stringere gli spazi togliendo fiato e a tratti idee agli ospiti che individualmente iniziano a sbagliare, concedendo ripartenze pericolose. I bianconeri cercano la salvezza e per farlo ogni punto è guadagnato, a patto che non si perda. Tudor questo lo sa e prepara i suoi a dovere. E a dovere giocano. Loro. Gli altri. L’Inter no. Per l’Inter svolgere una semplice equazione diventa impresa eroica e per raggiungere Udine chissà che giro avrebbe fatto se il viaggio non fosse organizzato da qualcun altro.

A Udine l'Inter resta a metà tra l'essere naif e l'essere sprecona
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E non è certo ironia ma dato di fatto. L’Inter sceglie di temporeggiare, in campo e nella vita. Mentre gli avversari tentano di metterla in difficoltà, costringendola più volte ad errori clamorosi che coinvolgono persino i migliori, la squadra di Spalletti prende tempo e rischia di rimandare al San Paolo il verdetto finale. Il che sarebbe clamoroso. Ma tant’è.

Dopo Atalanta, Roma e Juventus l’Inter pareggia anche a Udine. Spalletti mette le mani avanti e stronca sul nascere chi vorrebbe pronunciare la sdoganata frase “E’ una squadra che lotta per la salvezza che ha perso quasi con tutte”. E noi dobbiamo render torto a Spalletti. Per quanto vero sia che l’Udinese abbia puntato tutto sul contenimento tentando qualche sguinzagliata in ripartenza che l’Inter ha fronteggiato, il ‘non potevamo fare di più’ toglie credibilità al pensiero sul quale regge la partita. No. l’Inter non ha fatto tutto ciò che poteva. Troppi errori individuali e una coesione inefficente di gruppo che stavolta non trova salvezza neppure nel collante Brozovic-Nainggolan.

Errori individuali determinanti e tra Borja sfinito e Brozo in black-out sul finale l’intelligenza tattica si frammenta

A Udine l'Inter resta a metà tra l'essere naif e l'essere sprecona
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La squadra inizia a far peggio dall’uscita di Borja Valero. Lo spagnolo non ha svolto una gara soddisfacente ma in fase di copertura spazza palloni velenosissimi e sfinito viene sostituito da Icardi. Con l’uscita di Borja l’Inter sembra guadagnarne, quantomeno in velocità e densità in avanti ma al contrario spegne il tasto intelligenza tattica e per una dozzina di minuti si fionda in zona d’attacco in piena frenesia.

L’Inter ci prova. Costruisce e attacca, arriva in profondità ma finisce per sbagliare sempre qualcosa. Che sia una conclusione fuori misura o l’ultimo passaggio, la scelta dei tempi d’attacco o la scelta del compagno da servire. L’Inter fatica a segnare, non segna, e non vince.

A Udine l'Inter resta a metà tra l'essere naif e l'essere sprecona

La scelta di accentrare e livellare Radja si rivela utile solo parzialmente. Le palle made Ninja e la pressione che il belga era riuscito a favorire nei primi 45 minuti vengono meno, specie perché con l’uscita di Borja Valero, Nainggolan si è ritrovato a dare una maggiore mano in copertura.

Ieri sera infatti, allo scorrere del tempo è calato Marcelo Brozovic che ha sbagliato più di un paio di palloni dietro e con lo scorrere dei minuti e la smania di voler segnare è caduto nel Brozo caos che ogni tanto fa capolino. Il croato si spegne a metà secondo tempo e come da settembre a questa parte quando a spegnersi è il numero 77 l’Inter va in blackout.

Un attacco sterile e improduttivo: dove sono i gol?

L’attacco nerazzurro è sterile di reti e non a caso dei 35 gol totali tra Serie A, Europa League e Coppa Italia, realizzati dall’Inter, solo 11 sono state messe a segno dagli attaccanti. Tutto il resto delle reti sono state realizzate da centrocampisti più di tutti. Ancora a zero gol Keita e Candreva, solo due reti per Icardi e Politano, tre quelle di Lautaro, 4 invece quelle di Ivan Perisic.

Da Icardi a Perisic, passando per Politano, Lautaro e Keita che complica la situazione riscatto

Entrando più nel dettaglio, due delle 4 reti di Perisic sono state realizzate su rigore, una delle tre reti di Lautaro, quella del derby, è stata realizzata dal dischetto e sempre dagli undici metri sono entrambe le due reti segnate da Icardi.

I due argentini Icardi e Lautaro

Mauro Icardi dopo la telenovela fascia, da quando è tornato ha segnato soltanto a Genova dove dal dischetto segnò un gol e realizzò un assist. L’argentino però non segna su azione dal 2 dicembre all’Olimpico contro la Roma, quando segnò di testa su assist di Brozovic.

A Udine l'Inter resta a metà tra l'essere naif e l'essere sprecona
Icardi e Lautaro Martinez
Foto: Getty Images

L’altro argentino, invece, realizzò l’ultima rete contro il Milan, dal dischetto. Una rete decisiva che consegnò lo scettro meneghino ai nerazzurri, ma anche per lui l’assenza dal gol si fa sentire e addirittura su azione non segna dall’1 marzo. L’infortunio che lo ha reso indisponibile per più di un paio di partite ha smorzato il periodo di incidenza e feeling con la porta che il Toro aveva finalmente trovato.

Attacco a due punte: l’eccezione che conferma la regola

Ieri Spalletti ha tentato di farli coesistere, regalando ai più una comprova di una convivenza tra i due mai pronosticata dall’allenatore. L’eccezione che conferma la regola. L’eccezione è averli in campo insieme, la regola che non producono. A smontare la regola potrebbe starci il fatto che l’esperimento sia stato tentato troppe poche volte per renderlo teoria.

A Udine l'Inter resta a metà tra l'essere naif e l'essere sprecona
Lautaro Martinez e Mauro Icardi

Tuttavia le rare occasioni in cui l’Inter è stata posizionata con due punte non ha mai spleso e a Spalletti evidentemente questo potrebbe bastare. Probabilmente un Keita, in forma migliore, al posto di Lautaro avrebbe potuto far meglio considerate le doti del senegalese di muoversi agilmente nello stretto. Ieri, però, Lautaro non ha fatto male sebbene non abbia neppure fatto benissimo. Nel primo tempo il Toro è sembrato meno in forma di quanto ci avesse abituati ma la poca incisività è dovuta più al modo in cui è stato servito dagli altri che ad una sua vera e propria negligenza.

L’errore iniziale della squadra è stato proprio quello di indirizzare in area palloni dalle fasce piuttosto che cercare triangolazioni e gioco a terra che potessero favorire il fraseggio che Lautaro avrebbe potuto sfruttare con maggiori qualità. Il gioco servito dalla squadra in direzione ‘area’, è stato un gioco che avrebbe potuto trovare maggior risonanza più con Icardi che con Lautaro. Spalletti così inserisce il numero 9 senza però rinunciare a Lautaro. I due non riescono comunque a trovare l’appiglio giusto né per se stessi né l’uno per l’altro e dopo meno di venti minuti Spalletti sostituisce Lautaro per inserire Keita che prova a dare un po’ di verve alla squadra ma non si trovano varchi nella difesa bianconera e nessuno riesce a far breccia.

Perisic è quello che più volte è andato in gol, ma due su quattro sono rigori

Meno grave potrebbe sembrare la situazione del croato, che tra tutti ha messo a segno quattro scores. Tuttavia le statistiche sembrerebbero contraddire tale credenza. In proporzione ai tiri in porta, e ancor di più ai tiri tentati – ma sciaguratamente finiti fuori – i gol del 44 nerazzurro sono veramente irrisori. Perisic è il giocatore che più fa rammaricare i nerazzurri: fa spesso molto tutto molto bene salvo poi diventare evanescente sotto porta, riuscendo a concludere fruttuosamente soltanto di rado.

Politano e i limiti di un’immaturità che il tempo potrebbe cancellare

Lo stesso vale per l’ex Sassuolo che però a differenza del compagno appena citato, spesso intrappolato in drammi psicofisici, non si lascia abbattere da accidia e abulicità. Al contrario Matteo Politano non demorde mai, corre per km, aiuta a far salire la squadra, mette qualità, punta l’uomo, giocherella con l’avversario e prova la giocata. Al momento del tiro però pure il numero 16 si lascia cogliere dall’emozione, calciando palle spesso indicibili e che spesso finiscono troppo lontano dallo specchio della porta. Dalla parte dell’esterno destro però c’è quell’immaturità che potrà smussarsi con il tempo e le giuste attenzioni.

A Udine l'Inter resta a metà tra l'essere naif e l'essere sprecona
Politano
Foto: Inter.it

Keita riscatto improbabile?

Se ognuno di loro, nel singolo, ha valide motivazioni che potrebbero reggere gli alibi, nel complesso non si può restare inermi dinnanzi ad un attacco tanto infruttuoso, che alla lunga penalizza e sul quale non si può glissare in ottica futura. Le probabili partenze di alcuni attori lì davanti sono più certe che probabili e in queste partenze, seppur con rammarico, potrebbe rientrarci quella di Keita. Il senegalese prevede un riscatto troppo oneroso per le prestazioni offerte, un dato che ne comprometterebbe sicuramente la permanenza. Ma non è di mercato che dobbiamo parlare. Non ancora almeno. Da risolvere attualmente c’è ben altro.

Una nuova stagione da scrivere ma prima quella presente da finire: Chievo, Napoli, Empoli.

Una qualificazione in Champions alla portata ma non blindata e visti gli scivoloni stagionali nessun interista si sente di dire conquistata. Ad attendere gli uomini di Spalletti un calendario apparentemente fattibile ma che ad onor di storia non lascia per niente sereni.

Prima di tutto c’è il Chievo, contro il quale già all’andata l’Inter ha dimostrato di sapersi fare ingannare, ancora una volta come ieri alla Dacia Arena prima in contenimento e poi con un episodio propizio, che in quel caso prese il nome di Sergio Pellissier a recupero inoltrato. Dopo il Chievo l’Inter dovrà presentarsi al San Paolo, dove non vince dal 1997 in campionato e contro i quali ci sarà da soffrire, anche solo a livello ambientale, specie dopo la gara d’andata. L’ultima sarà contro l’Empoli in casa, e contro i toscani la via sembrerebbe in discesa.

Perisic-Incardi-Inter-PSV-UCL

Così sembrava anche con il PSV e la sconfitta di Wembley non aveva turbato più di tanto. Anche se sarebbe bastato il pareggio che però l’Inter si è fatto sfuggito per poco poco. Anche in quel caso, sottostimare sarebbe un grave errore e altrettanto grave sarebbe ridursi, come l’anno scorso, ad una corsa stremante reiterata fino all’ultimo giorno che prosciuga gli animi anche solo per l’impossibilità di recuperare se poi dovesse finire male. L’Inter dovrebbe rasserenarsi magari per oggi, salvo poi tornare ad incazzarsi. Magari con sé stessa, rea di ingarbugliare sempre tutto. Un ingarbuglio che parte da un’altra ispida questione: questa Inter è naif o sprecona? O magari tutte due.

Quello che è mancato ieri a Udine è la rabbia e la fame di vittoria che a quanto pare l’Inter dal braccino corto decide di centellinare e di tirar fuori all’occorrenza. Peccato, che dall’andamento dei risultati non si capisca quale sia, secondo lei, l’occorrenza giusta.

 

Egle Patanè