“Roba medica, della quale si occuperanno i dottori”: lapidario, nel suo modo di tagliare corto, le emozioni trattenute senza darle a vedere.

Era il 2016, il suo Uruguay impegnato in Coppa America, quando gli è stata diagnosticata la sindrome di Guillain – Barré, una patologia autoimmune dovuta alla demielinizzazione delle fibre nervose che, in parole semplici, gradualmente porta a perdere del tutto la mobilità degli arti. 

Oscar Tabàrez, il Maestro come viene chiamato, ancora oggi conserva un aplomb da uomo tutto di un pezzo; anche quando ai Mondiali di Russia la sua Nazionale ha sconfitto il Portogallo consentendogli l’accesso ai quarti di finale lui, dopo aver dato ordini ed essere stato attivo durante tutto il match – immancabile stampella a sorreggerlo –  è rimasto imperturbabile a bordo campo.

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E’ un uomo dalla tempra coriacea Tabàrez: andando contro il consiglio dei medici non si è tirato indietro quando è stato richiamato, dodici anni fa, a rinnovare la Nazionale del suo Paese; soprattutto meticoloso e attento tanto da rimanere ‘sempre sul pezzo’, correggendo l’assetto della squadra in corsa -ad esempio  nella partita contro l’Egitto –  e riuscendo a terminare il proprio girone senza subire gol. Mettendo da parte la malattia per un obiettivo comune: inseguire il sogno del quarto Campionato del Mondo.

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Da calciatore la sua carriera non è stata sfolgorante, tanto che alla fine degli anni’70 ha dato l’addio al calcio giocato; la sua strada era fare l’allenatore e una decina di anni dopo prese in mano la Nazionale per qualificarla ai Mondiali italiani; negli ultimi anni, sotto la sua guida, l’Uruguay è arrivato a tre qualificazioni ai Mondiali e, tra le altre cose, ha vinto nel 2011 una Coppa America. 

I suoi precedenti da Mister hanno riguardato anche il Campionato italiano: nel 1994 è stato sulla panchina del Cagliari, nel 1996 su quella del Milan.

 

Silvia Sanmory

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