Mentre le nazionali europee si giocano le sfide valide per la Nations League, le sudamericane si scontrano tra di loro nelle amichevoli di “allenamento” per la Copa America, ma se c’è una cosa che difficilmente può dirsi amichevole sono proprio gli scontri tra sudamericane, qualunque esse siano. Qualcuna però risulta molto meno amichevole delle altre, lo insegna la storia, e qualche volta non solo per imposizione storica.

Brasile-Uruguay è una di quelle partite che rientra a pieno nella categoria sopracitata, quelle durante le quali mantenere la calma è quasi un paradosso. Il futbol in Sudamerica è tutto, è quotidianità che ogni giorno pullula tra le strade, nei quartieri ricchi, ma soprattutto in quelli in cui una maglia di qualche giocatore d’oltre oceano conosciuto neanche così bene e un pallone sgualcito annebbiano le strade di polvere sollevatasi dai ‘potreri’.

Potrero-futbol sudamericano
Foto: conlosojosabiertos.com

Il futbol è nei pub e nei ristoranti, nei luoghi pubblici come in quelli più privati e intimi. Nelle camerette al buio della notte ma soprattutto con un paio di scarpette ai piedi e una maglia di calcio addosso a sognare di diventare Maradona, Ronaldo, Forlan, Zamorano, Pelè, o più recentemente, e quasi banalmente, Messi, Neymar, Cavani, Tevez…

Nelle vene di ognuno di quei bambini, ma ancor più degli anziani, si respira quello che è il futbol, qualcosa che da quelle parti va ben oltre una semplice sfida di calcio: ne vale dell’orgoglio, dell’appartenenza, del valore di un popolo misurato da una sfera racchiusa in una clessidra lunga 90 minuti.

Brasile-Uruguay, il Maracanazo e…

Tra Brasile e Uruguay scorre tutt’altro che del buon sangue, quella che intercorre tra le due fazioni è una rivalità di quelle ataviche. Risalente a quando? A quel tanto famigerato Maracanazo prima di tutto.

Maracanazo

Luglio 1950 stadio Maracanà di Rio De Janeiro, si gioca Brasile-Uruguay, gara decisiva del girone finale del Mondiale 1950 al quale non partecipano gli stati europei sfiancati dalla guerra. E’ il 16 luglio, e in campo ci sono i padroni di casa brasiliani, contro la compagine della confinante Uruguay.

Ai padroni di casa bastava una ics per conquistare il titolo, mentre l’Uruguay da sfavorito per conquistare il torneo avrebbe dovuto vincere. In vantaggio vanno i verdeoro ma la Celeste, prima pareggia, poi vince grazie ai gol di Schiaffino e Ghiggia e quello che accade in quello stadio ha dell’inverosimile. Decine di ambulanze accorrono al Maracanà: si trattava di un appuntamento con la storia e clamorosamente quello che sarebbe dovuto essere la festa brasiliana per antonomasia si era trasformata in una tragedia a cielo aperto. Diversi quelli che dagli spalti sono stati colti da malori fatali, altrettanti coloro che si sono lasciati cadere giù dalle balaustre per lo sconforto inaudito della sconfitta. 

Lo racconta Obdulio, protagonista di quel Brasile-Uruguay sul campo e fuori, per le strade e i pub di Rio de Janeiro dopo la partita, andato per festeggiare il secondo Mondiale vinto dalla Celeste mentre attorno si consumava un lutto tanto inaudito e deprimente da prosciugare persino la gioia dei vincitori, persino di Obdulio stesso. 

Quel giorno tra Uruguay e Brasile una frattura mai rimarginata ha segnato un limite diplomatico anche per le amichevoli e questo non solo ai tempi di Obdulio e neppure ai tempi degli anziani di Rio dai baffi folti e dei solchi in viso profondi che ne scolpiscono i tratti; lo sanno pure i bambini dei potreri, soprattutto loro che Obdulio probabilmente non lo conoscono nemmeno. Sì, perché gli idoli dei bambini di oggi portano sulle spalle quasi sempre il dez o il veintiún che sia. 

E non due numeri a caso, dez vs veintiún, perché Brasile-Uruguay è anche questo: Neymar vs Cavani.

Neymar-Cavani-Brasile-Uruguay

Almeno così sarebbe potuto essere e così effettivamente è stato. I due giocatori, compagni al PSG, sono tra i due giocatori più forti di sempre. Entrambi con numeri incredibili,  sono e potrebbero essere a lungo le stelle più brillanti del calcio francese. Ma per quanto i due cerchino di smentire – sia una parte che l’altra – quella di qualche giorno fa a Londra è stato soltanto l’ultimo del capitolo Neymar-Cavani: è il Matador a fare fallo sul brasiliano ma senza alcuna cattiveria, tantomeno troppa foga nel commetterlo; un falletto da niente. Come da copione però il ventiseienne brasiliano, che aveva capitolato il gol del vantaggio dal dischetto, si lascia cadere drammaticamente imbastendo tanto di sceneggiata tragicomica e tirando fuori quello che in Russia sembra essere stato il suo cavallo di battaglia: la capriola sul manto.

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Foto: Il Giornale

In Russia infatti la stella sudamericana, pardon, brasiliana – per evitare confusioni – non si può certo dire di aver disputato un Mondiale all’altezza delle aspettative per quanto non si sia risparmiato nel mettere in mostra classe, tecnica e genio, eclissati però da un atteggiamento ben lungi da quanto la sua posizione esiga. 

Lasciatosi spesso andare in scenata di esasperato trasporto emotivo e istrioniche reazioni da bambino afflitto, il dez brasiliano a lasciarsi andare anche e soprattutto sul campo nei contrasti con gli avversari. Neymar da Silva è passato alla storia del Mondiale 2018 per le capriole in campo più che per le prodezze sotto porta e questo non può certo rendergli la medaglia al valore, valore che piuttosto ha quasi perso crediti, specie perché il belloccio bad boy, dall’alto delle sue consapevolezze, non ha mai pensato di fare un mea culpa, trascinandosi dietro quel velato ghigno da ragazzino presuntuoso. 

Paris-St-Germain-Cavani
Foto: mirror.co.uk

Ghigno mai andato a genio all’altra stella del PSG, l’altro sudamericano, quello che quei quarti di finale avrebbe tanto voluto giocarli ma che un infortunio gli ha tolto il piacere di godersi non solo i quarti ma l’avventura in Russia un po’ in tutte le sue sfaccettature. Entrambe le rispettive nazionali, uscite ai quarti per mano di Francia e Belgio, viaggiavano su binari differenti e tra le due compagini in Russia la favorita era proprio la Celeste che senza l’infortunio di Cavani, in finale, ci sarebbe pure arrivata, e magari pure alla Coppa. 

Ma la rivalità tra il Matador e O Ney non è certo una gelosia da Mondiale, tantomeno trova giustificazione tangibile nell’atavico antagonismo risalente al fantomatico Maracanazo.  Quello che intercorre tra i due, è certo qualcosa di irrisolto che neppure i fiumi di quattrini che Al-Khelaïfi ha elargito un po’ all’uno un po’ all’altro, sono riusciti a placare.

Nato tutto in quell’ormai lontano agosto 2017, quando dopo un penalty a favore dei parigini, i due dibattono sulla scelta del rigorista. Una diatriba protrattasi mesi e che sembrava essere stata raffreddata dai ticchettii di orologio che oramai iniziano ad essere parecchi, ma il feeling tra i due è chiaro non sia mai scattato, figuriamoci l’amore. 

Neymar vs Cavani-PSG
Foto: brasil.elpais.com

A spegnere ogni tipo di polemica ci pensa prima il compagno di squadra Mbappè, il terzo dei tre (l’attacco Neymar – Mbappé – Cavani) il francese ai microfoni parla di quanto accaduto di recente tra i due compagni lontano da Parigi stemperando la tensione: “Nel Psg Neymar è il giocatore più importante, vogliamo tutti che sia sempre al massimo. Non è successo nulla, Cavani è tranquillo e non vedo perché si debbano creare casi. Ho mandato anche un video via whatsapp a Neymar e ne abbiamo riso, ma non è successo nulla, entrambi difendono i loro Paesi, ma poi torneranno insieme per dare il massimo per il Psg”. 

Intanto arrivano pure i commenti dei diretti interessati che “smentiscono ogni qual tipo di sospetto”, rassicurando i tifosi del PSG che temevano ripercussioni nello spogliatoio e sul campo del PSG. 

Pericolo scampato, e per fortuna, nessuna conseguenza irreversibile, almeno così sembra a giudicare dalle parole dell’uruguaiano che ha definito Neymar fratello e amico, oltre che compagno di squadra”.  E a noi non resta che credergli, specie perché il Matador aggiunge “tutto il mondo attende che succeda qualcosa tra di noi per parlare”. 

Un altro capitolo della fiction tra i due e per restare in ambito cinematografico, non resta che dire, anche se è amore, non si vede.

 

 

Egle Patanè