Rimettiamo insieme i pezzetti.

Presa una pausa di riflessione, torniamo a parlare di Inter, a mente fredda, lucida e spogliata da ogni lascito di adrenalina di troppo che il match ha causato.

Quello che ci si aspettava da Roma-Inter era un match frizzante quanto spumeggiante e, il brio tanto atteso c’è stato e come. C’era chi parlava di un big match non all’altezza del nome, eppure, la partita all’Olimpico non ha lasciato spazio alla noia: Partita carambolesca, costellata da un turbinio di azioni, brividi, pali e gol. Una partita dai toni vintage che ha riesumato un calcio in asincronia con il football odierno poco condito da azioni individuali e “Uno contro uno”, elementi portanti invece di un calcio ormai se non obsoleto, di certo superato. Un vero tira e molla, da una parte e dall’altra, ma avincere la sfida è Spalletti, e non solo nel fare risultato, ma anche e soprattutto in astuzia; uno scacco matto costato caro a De Boer che al cospetto dell’avversario ha preferito premere in profondità mantenendo alto il baricentro. I giallorossi ben piazzati nella marcatura a uomo, aspettavano bassissimi i nerazzurri, li marcavano e li costringevano all’errore senza, in verità, dover impegnarsi troppo visto che gli uomini dell’olandese a sprecare energie tra le imperfezioni ed errori ci hanno pensato da soli. Ecco cosa è da amputare alla formazione di Appiano: Poca lucidità, disattenzione ed errori, tanti, pure fin troppi.

 Rispetto alla scorsa stagione, l’Inter di oggi può vantare un reparto offensivo piuttosto attrezzato e ben piazzato, un centrocampo ricco e variegato e se all’Inter di Mancini si rimproverava un pessimo gioco, quella di De Boer è tutt’altro che statica e incolore. Fino a sabato si diceva…
Icardi il solito leader, e non solo di fascia, può essere confermato a pieni voti come trascinatore, Perisic sempre presente, Candreva ha rafforzato la rosa, Joao Mario il centrocampista che tanto aspettavamo… ma allora, cosa non va in questa Inter?
 
Che sia ormai un luogo comune o meno, ciò che mancano sempre più evidentemente a questa rosa sono un centrale e un terzino. Riguardando la partita di domenica e, rimuginando sul match contro lo Sparta Praga, appare sempre più nitida la fragilità delle linee basse. Di burro, questa volta, è stata la difesa, la stessa – Ansaldi escluso – di quella che l’anno scorso procurava maggiori soddisfazioni a Mancini.
Gli errori individuali, però, sono stati tanti e disseminati nei vari reparti, difficile trovare un capro espiatorio tanto quanto individuare un errore fatale causa dello strafalcione. Tutti, nessuno escluso – eccezion fatta per Sant’Handanovic – sono da biasimare rei di sconfitta. Lo è Ansaldi che, reduce dall’infortunio, non gode della forma fisica ottimale specie in fase difensiva; lo è Santon impossibilitato a contenere la velocità di Salah; lo è Murillo, tanto osannato la scorsa stagione e minimizzatosi oggi ad esclusiva fisicità, l’attenzione di cui godeva ha lasciato spazio ad errori sempre più determinanti e sempre meno imputabili al compagno a fianco; il gol di Dzeko arriva proprio su una negligenza del numero 24 che lascia uno vuoto di marcatura di quasi tre metri. Lo è Joao Mario inceppato e lento per gli strascichi dell’infortunio, così come Candreva non brillante come di consueto, Jovetic colpevole sul gol del 2-1 e addirittura Icardi poco incisivo  e poco servito sotto porta.
Non da esimere De Boer peccaminoso di inesperienza e un pizzico di arroganza; di aver sottovalutato un possibile catenaccio e un’approfondita e analitica ricognizione del nemico; reo – lo sto dicendo davvero – di non aver preferito un più veloce Nagatomo al posto di un macchinoso Santon o non aver effettuato più repentinamente il cambio Gnoukouri per Joao Mario palesemente sotto tono.
La molteplicità di “sviste” o disattenzioni, piccole e non, ha prodotto una partita dai contorni facilmente imputabili come fallimentari; ciononostante mi sento serenamente di voler, errando o meno, asserire che di fallimentare, salvo il risultato, c’è esclusivamente l’approccio individuale alla gara e i piccoli errori che, addizionati gli uni agli altri, si tingono di toni delittuosi imperdonabili e insuperabili. Da superare, piuttosto, c’è un risultato bugiardo e ingiusto dettato dal disequilibrio di una bilancia sui cui piatti a gravare sono stati gli episodi accidentali e ottenuto su un campo ostico, contro una delle squadre più attrezzate del Campionato e guidata da un tecnico più longevo, oltre che più lungimirante e astuto.
Superare una delusione per ripartire; ripartire per superare, questa e le altre sconfitte, e puntare a fare bene sfruttando il periodo di stop per rimettere insieme i pezzi come cocci caduti al suolo della Capitale.
Egle Patané