Non è la prima volta che i dirigenti della Figc si esprimono con frasi dai contenuti discriminatori.
Tutti ricordano lo scivolone di Carlo Tavecchio, durante la sua campagna elettorale prima di diventare il presidente della Figc, parlando di extracomunitari.

E dopo una gaffe razzista eccone una sessista: “Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche” .

Questo è quanto avrebbe detto Felice Belolli (successore di Tavecchio alla Lega Nazionale Dilettanti, consigliere federale e presidente che gestisce il calcio femminile) durante il Consiglio del Dipartimento Calcio Femminile dello scorso 5 marzo.
“Se il calcio femminile vuole vivere e crescere deve solo fare affidamento sulle proprie forze, senza lamentarsi troppo e senza sperare in aiuti dall’alto” e, come si evince dal verbale, dopo un breve ma acceso dibattito, la chiusura con la frase incriminata.

Il documento è stato portato alla Procura federale che ha subito aperto un’inchiesta.

Immediata è stata la smentita dell’interessato che all’Ansa afferma: “va dimostrato che quelle parole sono mie. Un verbale può essere stato scritto da chiunque. Bisogna dimostrare che io abbia detto quelle cose e io, ripeto, lo nego”.
Repentino anche Tavecchio che stigmatizza: “Se Belloli avesse detto quelle parole, sarebbe un fatto grave. Quella è una frase odiosa e inaccettabile”.

Il calcio femminile in Italia è ancora un movimento ridotto che conta circa 11.000 tesserate, non ha i mezzi per reggersi sulle proprie gambe e per questo è una branca della Lnd.
Tavecchio, ricordiamo, fece del calcio in rosa il cavallo di battaglia del suo programma elettorale: alla luce di quanto accaduto vien da chiedersi se, più che un problema di introiti alla base di tutto ci sia un retaggio culturale maschilista.
In attesa che la procura della Figc faccia chiarezza sulla nuova bufera istituzionale che coinvolge il nostro calcio, rimane la sensazione di trovarci di fronte ad uno sport che ha smarrito il suo valore e compito: essere momento di aggregazione e strumento di crescita sociale. Si invitano i dirigenti a ritrovarlo, l’esempio e l’educazione deve partire da loro.

Caterina Autiero