Finalmente, grazie all’accordo tra il FIFPro, sindacato dei giocatori e delle giocatrici di tutto il mondo e la Fifa, saranno introdotte significative tutele per le calciatrici che, benchè atlete, sono pur sempre donne e in alcuni casi coltivano il desiderio di maternità, e hanno tutto il diritto di farlo.

Secondo il rapporto sull’occupazione 2017 della Fifpro, solo il 2% delle giocatrici ha avuto figli;
il 47% ha affermato che avrebbe lasciato l’attività sportiva, citando la mancanza di tutele come motivo principale

Le cose però stanno cambiando e, infatti, secondo l’accordo, dal primo gennaio 2021, tutte le società che militano nei campionati di calcio riconosciuti dalla Fifa, dovranno garantire un congedo minimo per maternità di 14 settimane, di cui almeno otto dopo il parto.
In questo periodo, le atlete dovranno ricevere almeno due terzi dei compensi previsti in precedenza.

Inoltre, le giocatrici avranno il diritto di rimanere tesserate con la loro società di appartenenza durante il periodo di maternità.

In caso di licenziamento a causa della gravidanza, i club dovranno fornire spiegazioni dettagliate riguardo questa decisione che, se non adeguate, comporterebbero a un risarcimento per le atlete.

Al rientro dopo il congedo di maternità, infine, i club dovranno reintegrare le giocatrici e fornire loro un adeguato supporto medico e fisico.

Gabriela Garton, portiere dell’Argentina e componente del FIFPro ha spiegato che «le nuove norme sono essenziali per lo sviluppo del calcio femminile: noi calciatrici abbiamo bisogno di queste disposizione, in modo che nessuna di noi debba trovarsi di fronte a una scelta tra famiglia e carriera sportiva. In passato è sempre andata in questo modo, ma ora vogliamo che le cose cambino».

Il movimento calcistico femminile chiedeva da tempo nuove tutele, citando il diritto delle calciatrici — in quanto lavoratrici — ad avere figli senza subire ripercussioni in ambito lavorativo.

Ovviamente, si tratta soltanto di un primo passo che avrà un effetto più evidente nei paesi in cui il calcio femminile è riconosciuto come professionistico.

In Italia, dove il movimento femminile è ancora inquadrato come dilettantistico, a sostegno della maternità per le calciatrici e atlete italiane tutte c’è soltanto un fondo, istituito nel 2018, che mette a disposizione tre milioni all’anno per consentire il proseguimento del percorso sportivo e una continuità retributiva durante il periodo di congedo.

Storia di Alice, di Eva e del diritto delle atlete di essere mamme

Non bisogna perder tempo perchè, nella società civile, la maternità non può e non deve coincidere con il ritiro dall’attività.

 

Micaela Monterosso