Nel 2012 ha perso il padre -colui che più di tutti l’ha incoraggiata a diventare una calciatrice- e, da quel giorno, ogni volta che fa gol indica il cielo per dedicargli  la marcatura.

Alexia Putellas non poteva che rivolgere un toccante pensiero proprio al padre, nella notte più importante della sua  carriera, quella che l’ha vista ricevere il Pallone d’oro femminile.

«…Voglio dedicare questo premio a qualcuno che sarà sempre speciale per me, mio padre, spero che tu sia orgoglioso di tua figlia, ovunque tu sia…».

Se oggi Alexia è trequartista del Barcellona e della nazionale spagnola ed è stata incoronata miglior giocatrice del mondo del 2021, lo deve certamente a chi, in passato, ha compreso la sua passione per il calcio e l’ha incoraggiata a inseguire il suo istinto -nonostante in famiglia seguivano la pallacanestro- .

Così, a 6 anni ha iniziato a praticare calcio, cominciando dal CE Sabadell per poi giocare per un anno alla FC Barcelona’s Youth Academy.

All’ Espanyol, dal 2010, è cominciata la sua carriera vera e propria.

Dopo una stagione al Levante, nel 2012 è approdata nella sua squadra del cuore, il Barcellona.

In blaugrana, quella talentuosa ragazza dal sinistro magico, nata nel piccolo comune di Mollet del Valles (50.000 abitanti in Catalunya), spiccherà il volo vincendo cinque volte il campionato spagnolo, sei coppe della Regina (oltre quella conquistata con l’Espanyol), tre coppe di Catalogna e una Champions League, quest’anno, in finale contro il Chelsea.

Ed è proprio dopo una stagione semplicemente strepitosa, culminata con il triplete da parte delle catalane che arriva il meritato riconoscimento.

Fin da piccola Putellas è stata considerata uno dei migliori talenti della sua generazione.

Per gran parte della sua carriera ha giocato come attaccante esterno sulla fascia sinistra, poi è passata a ricoprire il ruolo di trequartista che si può usare anche come seconda punta.

Grazie alla sua tecnica sopraffina è ammirata per la sua visione di gioco e la precisione nei passaggi oltre a mostrare un grande istinto per il gol (in 371 presenze con la maglia del Barca ha segnato 154 reti e nella stupefacente scorsa stagione sono state 26 le reti messi a segno).

Ma Alexia ha anche doti da leader  tanto che a soli 23 anni ha conquistato la fascia di capitano del suo Barça.

E’ lei, a 27 anni, la terza vincitrice del premio assegnato dalla rivista francese France Football, che dal 2018 affianca quello maschile (prima di lei avevano ricevuto il premio la norvegese Ada Hegerberg e la statunitense Megan Rapinoe).

La classe ’94 si posiziona davanti alla sua compagna di squadra Jennifer Hermoso e Sam Kerr del Chelsea, quest’ultime rispettivamente al secondo e terzo posto in classifica.

“Alexia”, come è scritto sul retro della sua maglia, non è solo uno dei simboli dell’evoluzione del calcio femminile ma è una delle forze trainanti.

Con questo Pallone d’Oro raggiunge l’apice della sua carriera e rappresenta un punto di svolta per la Spagna che adesso offre a migliaia di giovani ragazze un’iconica figura femminile.

Perchè lei, oltre ad essere una grande calciatrice ha grandi valori che condivide e trasmette: il successo non gli ha dato mai alla testa (anzi) ed è perciò un grande esempio per le generazioni future.