“È una delle giornate più brutte della storia del Napoli e dei suoi tifosi. Si è spento Antonio Juliano, che per due decenni è stato “il Napoli”. Per coloro che non lo abbiano conosciuto vale la pena farsi raccontare chi sia stato e cosa abbia rappresentato per la nostra città. Ciao, Totonno!” 

È questo il messaggio sui social del club azzurro per Antonio “Totonno” Juliano, ex storico capitano e dirigente sportivo del Napoli, scomparsa nelle prime ore del 13 dicembre 2023.  

Fu lui a portare in azzurro Ruud Krol e Diego Armando Maradona. 

La FIGC ha espresso, tramite le parole del presidente Gravina, la decisione di istituire un minuto di silenzio prima di tutte le partite di Serie A di questo weekend. 

Così lo ha ricordato il presidente: “Se ne va uno dei protagonisti di una delle pagine più gloriose del calcio italiano. A Napoli ha rappresentato un’istituzione prima da calciatore poi da dirigente”. 

La storia, quella di Antonio Juliano, iniziata in uno dei momenti più difficili storicamente per la città di Napoli. Nacque, infatti, il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre, del 1942, più precisamente nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, nella zona est della città. 

Era l’anno dei primi bombardamenti e qui “Totonno” mosse i primi passi, in quella che lui ha sempre considerato la sua casa, uno “scugnizzo” tra i tanti, con un sogno: quello di giocare a calcio. 

Una lunga trafila nelle giovanili del club partenopeo fino a quando fu aggregato in prima squadra nella stagione 1961-1962. Quell’anno il Napoli era ritornato in Serie B e sotto la guida di Bruno Pesaola, riuscì non solo a guadagnare il 2° posto (ritornando così in massima serie), ma anche a vincere la Coppa Italia. Il Napoli del 1962 è la seconda squadra di Serie B, dopo il Vado nel 1922, a vincere il trofeo come squadra di Serie B. 

Fu in questa competizione che Pesaola fece esordire Juliano nella semifinale contro il Mantova (2-1). Esordio ufficiale in Serie A, invece, il 17 febbraio 1963 in un Napoli-Inter 1-5. 

“Devo tutto a Pesaola, è stato l’uomo più importante nella mia carriera,” avrebbe rivelato in seguito. 

Da quel momento fino al 1977, Antonio Juliano rimase a Napoli, legandosi completamente alla squadra azzurra: 355 partite in Serie A, 39 in Serie B, 72 in Coppa Italia, 39 tra Coppa UEFA E COPPA DELLE COPPE. 

Non vinse mai lo scudetto, ma come capitano dal 1966, ad appena ventitré anni, guidò la squadra a risultati di rilievo: due secondi posti (1967-1968 e 1974-1975), la vittoria della Coppa Italia 1975-1976 e la Coppa delle Alpi 1966. 

Le strade “calcisticamente parlando” di Juliano e il Napoli si interruppero brevemente nel 1978 quando giocò la sua ultima stagione nel Bologna. 

«Uno che mi piaceva moltissimo era Antonio Juliano, Totonno. Un tipo tosto, persona autentica, con un temperamento da condottiero. Giocava un calcio concreto, senza concedere spazio alla teatralità. Un “napoletano atipico”, lo hanno definito, perché era il contrario dello stereotipo partenopeo.» 

Queste le parole di Dino Zoff, portiere del Napoli dal 1967 al 1972. 

Si è espresso anche Vincenzo Montefusco, giocatore del Napoli dal 1961 al 1970, e poi sporadicamente negli anni ‘70: Negli ultimi tempi – spiega all’ANSA – gli mandavo i miei saluti tramite la famiglia, ma ultimamente mi dicevano che non riusciva a capire i messaggi. È un grande dolore, per me e per tutta la città. Siamo stati insieme tanti anni e io ancora oggi lo cito per il carattere che lo portava a saper prendere in mano una squadra di così grande livello. C’erano Sivori, Altafini, Cané e tanti altri campioni, ma lui, con il suo sguardo sapeva come spingere i compagni a dare il massimo, a giocare in un certo modo, anche in partite da rimontare. L’ho sempre ammirato per il carattere, oltre che per le doti da giocatore”.  

L’ex giocatore ha poi proseguito parlando di Juliano come capitano azzurro e del suo rapporto con il presidente, l’imprenditore Achille Lauro:  

“Juliano era il capitano, parlava con l’arbitro, con noi, con l’allenatore, ma erano gli anni in cui Lauro entrava spesso negli spogliatoi a parlare con la squadra, anche per contestarla, e Juliano aveva ‘le palle’ per rispondergli a nome del team. In quei tempi noi calciatori eravamo un po’ come studenti a scuola, non come quelli di adesso. Ma quello fu un grande Napoli e lui dava l’esempio da combattente.” 

Ma non solo Napoli nella sua carriera da calciatore. È stato il primo napoletano ad esordire in Nazionale: 18 giugno 1966 Italia-Austria (1-0). Pur essendo tra i 22 convocati che parteciparono al mondiale inglese, non fu mai utilizzato. Fu invece molto utilizzato durante gli europei 1968, con cui si laureò campione d’Europa. 

Diventato dirigente del Napoli curò l’acquisto di Ruud Krol e la sessione di mercato del 1984 che portò il giovane calciatore argentino Diego Armando Maradona. 

«Condoglianze alla famiglia di Juliano, è un momento molto duro ma la vita è così. Antonio è stato un grande avversario e un grande direttore sportivo, è un giorno triste. Quando Juliano mi portò a Napoli capii subito che aveva la testa dura. All’epoca l’Italia non era aperta tanto agli stranieri, ma Antonio mi diceva sempre che io ero il suo primo acquisto». 

Lo ricorda così Ruud Krol, ex stella dell’Ajax e dell’Olanda, proseguendo anche con: «Venne a Vancouver all’aeroporto e mi convinse ad accettare il Napoli e per me fu un grande onore giocare per lui ed avere la sua amicizia. Per me resterà sempre un grandissimo amico e una grandissima persona». 

L’ingaggio del Pibe de Oro fu anch’essa una brillante intuizione di Juliano che andò a Barcellona per convincerlo ad accettare il trasferimento: da lì in poi è storia. 

Antonio Juliano fu spesso considerato un “napoletano atipico”: silenzioso, serio e controllato. Tuttavia, la sua forza consisteva proprio nella sua normalità. Un riferimento sicuro, un simbolo per il Napoli del cambiamento, quasi traghettatore per il periodo d’oro del club

Un legame, quello tra il Napoli e Juliano, sempre forte e indiscutibile. 

Il giornalista Mimmo Carratelli ha svelato un retroscena che riassume il tutto così: 

Quando Corrado Ferlaino gli paventò la possibilità di essere ceduto, Antonio disse: ‘Ingegnere, lei è pazzo: non voglio andare via, Napoli è la mia vita.”

 

ROSARIA PICALE