Seguire la squadra del cuore è fantastico, soprattutto quando possiamo cantare, gioire e tifare tutti insieme, allo stadio. E vogliano parlare delle coreografie delle rispettive curve che rendono ogni partita uno spettacolo assoluto? Diciamo la verità, guardare la partita dal vivo non ha paragoni. Eppure, secondo un recente studio dell’Uefa sull’Italia del calcio nel 2014, si va meno allo stadio. Tutto normale in un momento di crisi potrete pensare, invece no e vi spieghiamo il perché.

Se guardiamo i conti, possiamo notare che in Serie A negli ultimi cinque anni i ricavi sono aumentati di 215 milioni e gli stipendi di 143. Un segnale positivo, anche se la competitività rispetto agli altri club europei è calata. Il motivo? La pigrizia. Proprio così, preferiamo la poltrona di casa al seggiolino dello stadio: solo l’11% delle entrate arriva dalla vendita dei biglietti (196 milioni), mentre Inghilterra, Spagna e Germania sono tutte al 20% con cifre assolute doppie e triple. D’altronde, se chi comanda ha interessi tv, sarà difficile sviluppare stadi ospitali. Un altro motivo è l’eccessiva dipendenza dai diritti tv, con cifre che si aggirano intorno agli 888 milioni, il 51% dei ricavi totali. In Germania sono solo il 25%, in Spagna il 37%, in Inghilterra il 49%, su un totale di quasi 2 miliardi di euro. Anche gli stipendi hanno il loro peso, con i club italiani che pagano 1,24 miliardi all’anno contro gli inglesi con 2,28 e i tedeschi 1,14 per 18 squadre, tenendo conto che la cifra assorbe il 71% delle entrate, siamo meglio solo di Turchia e Ucraina.

Dagli sponsor e dai gadgets commerciali arrivano 407 milioni: il 23% del totale ma è nel mercato che le squadre italiane spendono di più. Lo scorso anno i nostri club hanno speso 2,14 miliardi conquistando il primo posto, al secondo posto troviamo la Premier mentre la Spagna è terza. Ecco perché Inter (8°), Juve (11°), Napoli (13°), Roma (17°), Fiorentina (18°) e Milan (19°) sono tra le 20 squadre più “costose” d’Europa.

Barbara Roviello Ghiringhelli