Era il 25 marzo 1928 quando il calcio fu raccontato per la prima volta alla radio. La partita in questione era Italia-Ungheria di Coppa Internazionale.

L’idea di trasmettere in diretta una partita di calcio fu di Enrico Durantini, giornalista del quotidiano La Tribuna, il quale era molto vicino al direttore dell’EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), l’ammiraglio Renato Sinigaglia, che restò positivamente colpito e accettò di tentare l’esperimento.

Il risultato fu una giornata memorabile allo Stadio del Partito Nazionale Fascista, non solo per la rimonta dell’Italia sulla squadra magiara – dalla quale eravamo sempre stati sconfitti – ma perché finalmente vi era qualcuno che potesse riferire il tutto, in diretta, ai tifosi da casa.

La voce narrante ai microfoni dell’EIAR fu quella di Giuseppe Sabelli Fioretti, cronista della Gazzetta dello Sport di origine viterbese, il quale non si era mai occupato di pallone prima di allora.

Ma l’ostacolo principale per lo stesso Sabelli Fioretti non fu quello di doversi misurare con uno sport per lui nuovo – poiché scriveva solitamente di ciclismo e di pugilato – ma di doverlo raccontare attraverso la parola e nel modo forse più complicato in assoluto: improvvisando.

Una delle caratteristiche del linguaggio radiofonico è, infatti, proprio l’immediatezza del parlato: il radiocronista è consapevole di non aver tempo di poter pensare a cosa dire e tantomeno al modo in cui dirlo, perciò deve essere in grado di guardare e descrivere nello stesso momento ciò che vede, nella maniera più sintetica possibile.

Egli stesso ammise le difficoltà che incontrò quel giorno, dichiarando in seguito:

«Ero molto emozionato, lo confesso; ma le reti […] entusiasmarono i non ancora molti ascoltatori, i quali mi perdonarono così le probabili sviste e i troppo lunghi silenzi tra la descrizione di un’azione e le successive».

Il giornalista fu aiutato dalla partita che si rivelò spettacolare e ricca di gol.
La gara terminò 4-3 per l’Italia di Augusto Rangone, che regalò una gioia immensa ai 32mila sugli spalti e ai 40mila circa collegati via etere.

Nonostante il successo, l’Eiar decise di raccontare solo la Nazionale, per evitare che allo stadio non andasse più nessuno.

Seppur detentore di un merito importante, Sabelli Fioretti dovette confrontarsi con coloro che vennero dopo di lui.

Carosio, in particolare, fu a lungo considerato dagli appassionati il primo radiocronista di calcio.

Il palermitano raccontò agli italiani i successi nei Mondiali del 1934 e del 1938 ma rivendicò il suo primato in un’intervista del 1977 ad Albo tv, giudicando la prestazione di Sabelli Fioretti «una cosetta» lontana da una vera e professionale radiocronaca di una partita.

Sabelli Fioretti non ottenne mai, finché rimase in vita, la giusta considerazione; fu soltanto pochi giorni dopo la sua morte che, durante un quiz televisivo, gli venne finalmente riconosciuto il merito che gli spettava.

 

Romina Sorbelli