PSG-Basaksehirla sarà ricordata per un episodio che genera molta tristezza

Quanto sconforto… 

L’episodio avvenuto durante PSG e Istanbul Basaksehirla di Champios League, è un qualcosa che lascia tanta amarezza…

Ancora una volta, il colore della pelle diventa un’etichetta da apporre a un essere umano; un segno distintivo che non può non essere sottolineato; un tratto evidente di differenziazione, categorizzazione… 

La prudenza è d’obbligo riguardo la presunta espressione razzista che Coltescu, il quarto uomo della sfida del Parco dei Principi, avrebbe usato per segnalare all’arbitro Hațegan il vice allenatore del Basaksehir, Pierre Webo.

Nel suo idioma, pare abbia detto “Negru”.
Il termine, in Romania, non avrebbe la medesima valenza denigratoria di altri paesi europei ma, ammesso e non concesso, forse, sarebbe stato più professionale e corretto indicarlo mediante il ruolo che ricopre – dato che dovrebbe conoscere i vari componenti delle panchine-.

E invece, questa leggerezza, è l’ennesima riprova che viviamo  in una società che, nonostante la globalizzazione e la tecnologia, anziché  abbattere muri e barriere tende ad alzarli (immemori degli insegnamenti del passato) e spesso cade in errore anche inconsciamente.

Unanime, la condanna dei fatti (che comunque sono oggetto di indagine da parte della Uefa) finiti sulle prime pagine della stampa internazionale.

Un episodio deplorevole, tanto più perchè vede protagonista un arbitro internazionale.
Coltescu, ha sedici anni di carriera alle spalle e, in Europa conta 9 presenze tra UCL e UEL, oltre a 7 gare tra squadre Nazionali.
Non proprio un novellino…

Tanto più in quanto l’organismo che governa il calcio europeo ha fatto del No al razzismo la sua bandiera e a dirigere le gare del suo massimo toneo europeo non è concepibile trovare soggetti non in linea con questi principi di base.

Anche col beneficio del dubbio o volendo credere alla buonafede, l’arbitro rumeno ha sbagliato in quanto ricopre un ruolo “istituzionale” e perché, avrebbe dovuto  tenere conto della sensibilità riguardo il tema.

Ad ogni modo, la gogna mediatica, la spettacolarizzazione del tutto (andare a scavare tra gli scheletri nell’armadio di questo uomo), che si sta sviluppando; le fazioni che accusano e quelle che si appellano a una mera questione linguistica, sono l’ennesimo allarme di società contaminata di “odio”, malata di “caccia al colpevole” e ossessionata dall’# di tendenza.

Una società che, come l’arbitro, inconsciamente non si ferma a riflettere.

La partita in questione, alla fine, dopo molta concitazione, non si è più disputata.

Entrambe le squadre hanno lasciato il campo, ed è forse questo gesto di forte indignazione l’immagine migliore di questa pagina calcistica che avremmo volentieri evitato. 

La gara è stata poi rinviata e ancora una volta i giocatori sono stati protagonisti di un forte segnale: #noToRacism