Sono trascorsi tanti anni dalla prematura e inaspettata scomparsa di Piermario Morosini.

Le immagini di quella partita sono impresse nella mente di ciascuno di noi e riguardarle, ancora oggi, suscita lo stesso sentimento di sconcerto ed impotenza di quel 14 aprile del 2012.

Se la sua vita dovesse essere rappresentata in musica, la Quinta Sinfonia di Beethoven potrebbe essere una colonna sonora calzante. L’opera, tra le più note del musicista tedesco, è conosciuta ai più come la rappresentazione in musica del destino che bussa alla porta. Alla porta di Piermario, quel destino, ha bussato in svariate occasioni, nonostante la giovane età. Prima gli ha portato via entrambi i genitori, a pochissima distanza l’uno dall’altro, poi suo fratello – morto suicida – lasciandolo solo ad accudire la sorella disabile.

Noncurante della ferocia con la quale il destino si è accanito contro di lui, Piermario Morosini non ha mai perso il sorriso e la voglia di vivere, riversando nel calcio quel senso di rivalsa che lo avrebbe portato, partendo dalla Polisportiva Monterosso (squadra di quartiere di Bergamo) fino alla Nazionale Under 21, con la quale partecipa al Mondiale di Svezia nel 2009. Quando parlava della sua vita senza i genitori, affermava:

“Sono cose che ti segnano e ti cambiano la vita, ma che allo stesso tempo ti mettono in corpo tanta rabbia e ti aiutano a dare sempre tutto per realizzare quello che era un sogno anche dei miei genitori. Vorrei diventare un buon calciatore soprattutto per loro, perché so quanto li farebbe felici. Per questo so di avere degli stimoli in più“.

Il finale dell’opera di Beethoven, vede il protagonista uscire vincitore dalla battaglia contro il destino. Nel caso di Piermario, purtroppo, l’ultima battaglia lo ha visto cadere sul campo del Pescara, dopo mezz’ora di gioco, sotto gli occhi di compagni e tifosi che, da subito, compresero la gravità della situazione. A poco è servita la corsa in ospedale, non riprese più conoscenza. A causare la morte del giocatore, una cardiomiopatia aritmogena (la stessa  malformazione di cui sembra soffrisse Davide Astori); con il senno di poi, forse, avrebbe potuto salvarsi con l’ausilio di un defibrillatore e con una maggiore tempestività d’intervento. Tre medici sono finiti sotto processo, terminato solo lo scorso ottobre con un’assoluzione per i tre imputati, arrivata al terzo grado di giudizio, dopo un’iniziale condanna in primo e secondo grado.

Se è vera la teoria secondo cui al destino non si può sfuggire, è vero anche che – guardandola da un’altra prospettiva – la sua morte non è stata vana. A un anno dalla sua scomparsa, a seguito anche del dibattito nato proprio sulla tempestività e le modalità di soccorso in campo, il defibrillatore diventa strumento obbligatorio per tutte le società sportive d’Italia, dalla Serie A alle società dilettantistiche.

Oggi, a distanza di anni, sono ancora tante le iniziative che coinvolgono il nome di Pierpaolo Morosini nel mondo dello sport: il Livorno e il Vicenza hanno ritirato la maglia numero 25 e gli sono state intitolate la Curva Sud dello Stadio Atleti d’Italia di Bergamo, la Gradinata del Picchi di Livorno ed il settore ospiti dello Stadio

Il sorriso e la voglia di vivere di Piermario debba essere un monito per tutti noi, nonostante il momento difficile che stiamo vivendo, c’è sempre un motivo per sorridere e trovare la forza per andare avanti.

Micaela Monterosso


 

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