Davide Astori e i tanti calciatori che ci hanno lasciato in modo sconvolgente, inaspettato, prematuro

Davide, Piermario, Marc, Phil, Antonio, Dani, Paulo Sergio, Miklos, Guy, Patrick, Renato, Andrea, Giuliano … noi siamo qui a cercare parole per raccontare il vuoto e il dolore, a ricordarli; loro, mi piace pensare che stiano giocando una partita di pallone … in un mondo migliore…! Un mondo dove il calcio è un gioco, è divertimento, è lealtà, è unione… ebbene, forse, in questo mondo così zeppo di astio e futilità che si ripercuote, nel piccolo, nel nostro modo di vivere (campionato dopo campionato) il calcio, queste tragedie, questo dolore, questo restare basiti, ‘serve’ perchè unisce tutti (con qualche sporadica eccezione) nello stesso nodo in gola.

Un nodo in gola che ha attraversato l’Italia intera e ha oltrepassato i confini, ieri, alla notizia funesta relativa a Davide Astori. Da Udine, l’eco della sua umiltà, della sua bontà, del suo essere professionista si è propagato lasciando un vuoto. Il suo cuore si è fermato e quello di quanti lo conoscevano si è spezzato.

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Accadde lo stesso nell’aprile del 2012 quando a sconvolgere tutti fu il giovane Piermario Morosini. Si giocava regolarmente, lui era in campo con il solito entusiasmo, quando, sotto gli occhi di tutti si accasciò a terra. Anche il suo cuore smise di pulsare mandando tutti nel panico e in apprensione. A nulla valse la corsa in ospedale. Inevitabile, anche in quell’occasione il rinvio dell’intera giornata calcistica. Inesorabile il dolore che pervase tutti noi per la scomparsa prematura di quel ragazzo semplice e sorridente …nonostante avesse perso i genitori in giovane età, nonostante uno dei suoi fratelli disabili si fosse tolto la vita…nonostante tutto, Piermario trovava conforto nel pallone.

Come Morosini, anche il camerunense Marc Vivien Foe ci ha lasciati cadendo a terra durante una partita. Era il 72′ della semifinale di Confederations Cup (2003) giocata a Lione tra Camerun e Colombia quando il centrocampista cade a terra nel cerchio di centrocampo. Vani, anche in quel caso, i soccorsi di compagni e avversari: Marc è deceduto a 28 anni,  dopo un’ora di tentativi di rianimazione. Il Camerun vinse quella partita anche per lui e si qualificò per la finale che Blatter decise di fare, comunque, disputare. 

Il 29 dicembre 2007, Phil O’Donnell, capitano del Motherwell, sconvolse il calcio scozzese, ma non solo, dopo esser collassato in campo. E’ crollato sul terreno di gioco pochi istanti prima di essere sostituito nei minuti finali del match. E’ stato immediatamente soccorso, ed è rimasto sdraiato sull’erba per circa cinque minuti. Poi, in stato cosciente, è stato caricato su un’ambulanza ed è stato portato in ospedale, dove è morto poco dopo il ricovero. 

La morte del centrocampista scozzese arriva quattro mesi dopo quella del difensore spagnolo del Siviglia Antonio Puerta, sentitosi male il 25 agosto durante la partita contro il Getafe. Era un pomeriggio d’agosto quando il cuore del 22enne capitano e bandiera del Siviglia, nell’ospedale Virgen del Rocío, ha smesso di battere per sempre impedendogli di abbracciare il suo primo figlio (nato 40 giorni dopo). Il mondo del calcio rimase sconvolto dalla prematura morte del capitano biancorosso. Pochi giorni dopo la sua scomparsa si giocò la Supercoppa Europea tra il Siviglia e il Milan nonostante entrambe le squadre proposero di annullare il match per onorare la memoria del giovane collega.

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Un’altra scomparsa inaspettata è stata quella di Daniel Jarque che, come Astori, è stato trovato morto nel ritiro della sua squadra. Il difensore spagnolo si trovava in Italia col resto della sua squadra per una serie di amichevoli: dopo il pari contro il Napoli, avrebbe dovuto giocare contro il Bologna e il Livorno. Era l’8 agosto del 2009 quando un attacco di cuore si portava via il 27enne dell’Espanyol mentre era al telefono con la fidanzata.

Nell’ottobre del 2004, in Brasile, a crollare a terra in seguito a un malore è stato Paulo Sergio de Oliveira Silva detto Serginho. Dopo un’ora di gara tra Sao Caetano e San Paolo, il difensore trentenne svenne privo di sensi nella propria area di rigore a causa di un arresto cardiorespiratorio.

Nello stesso anno, in Portogallo, durante un match del Benfica, l’attaccante ungherese Miklos Feher, entrato a partita in corso dalla panchina, si blocca in mezzo al campo con le mani sulle ginocchia. Vano fu l’intervento dei medici e il trasporto in ospedale: a 24 anni muore in ospedale per “fibrillazione ventricolare causata da cardiomiopatia ipertrofica”.

L’arresto cardiaco porta via anche il giocatore camerunense della Dinamo Bucarest, Patrick Ekeng e il gabonese Guy Tchingoma.

Era il 2006 e il centrocampista del Camerun era entrato nel match contro il Viitorul Constanta da sette minuti, quando è crollato a terra, senza alcun contatto con un altro giocatore. Ekeng è stato ricoverato al pronto soccorso dove il personale medico ha cercato per un’ora e mezza di rianimarlo, senza successo.

Era il 2008 e la tragica fine di Guy avviene dopo uno scontro con un giocatore avversario nel match tra il suo club FC 105 Libreville e l’US Mbiliandzmami. 

Disgrazie che in tempi moderni governati da tecnologia e mezzi all’avanguardia pongono interrogativi e lasciano interdetti. Ma anche in tempi meno recenti il calcio ha dovuto affrontare il lutto ‘in campo’.

Aveva 25 anni Giuliano Taccola quando morì per un attacco cardiaco il 2 marzo 1969 dopo una partita con la sua Roma. L’inizio del campionato 1968-69 fu positivo per Giuliano che però aveva sempre la febbre a causa di un’infiammazione alle tonsille. A febbraio del ’69 lo staff della Roma decise di operarlo senza, però risolvere il problema della febbre. Taccola era sempre più debole e a volte costretto a saltare il ritiro o a rifiutare la convocazione. In quella trasferta giallorossa in Sardegna lui c’era, fece l’allenamento del sabato; la domenica si sentì male e chiese di non giocare; seguì la partita in tribuna poi raggiunse i compagni negli spogliatoi per un ultimo -definitivo- saluto. 

Nel 1977, in un freddo pomeriggio di ottobre, a Perugia, nel corso di un match con la Juventus, si consuma il destino di Renato Curi, talentuoso regista di 24 anni. Sugli sviluppi di una rimessa laterale Curi fa uno scatto per raggiungere la palla ma dopo pochi metri si accascia a terra. Morì poco dopo, stroncato da un arresto cardiaco. Poche settimane dopo, il 26 novembre, l’impianto perugino è stato intitolato alla sua memoria.

L’8 novembre 1987, durante un match di C2, il giocatore della Pro Patria Andrea Ceccotti uscì dal campo zoppicante per un fastidio a una gamba. Negli spogliatoi lamentò un crescente formicolio ad un braccio e sentì le gambe indurirsi improvvisamente. Le sue condizioni si aggravarono e fu trasportato in ambulanza all’ospedale di Treviso. In serata le sue condizioni peggiorarono, metà del corpo era semi-paralizzato e il giorno successivo entrò in coma reversibile per poi spegnersi dopo cinque giorni.

…Chissà come saranno composte le squadre, oggi, che giocano tutti insieme in un mondo migliore…

Caterina Autiero