Simonpietro Giudice presenta il suo libro d’esordio Morti di Tifo

 

MORTI DI TIFO
MORTI DI TIFO

Giòco (letter. giuòco) s. m. [lat. iŏcus «scherzo, burla», poi «gioco»]: Qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive.

Tifo s. m. [dal gr. τϕος «fumo, vapore; fantasia; febbre con torpore»]: Passione sportiva accesa e entusiastica, soprattutto in quanto si esprime, in uno stato di eccitazione, con incitamenti, fischi, applausi, ecc., nel parteggiare per una squadra o un atleta durante una competizione.

Ma anche: In medicina, nome dato a più quadri morbosi che, pur presentando le più disparate eziopatogenesi, hanno in comune un particolare quadro sintomatologico detto stato tifoso.

Può diventare il gioco del calcio, ovvero un passatempo ricreativo, uno svago volto ad esercitare le proprie capacità fisiche una passione morbosa, una patologia tanto da sfociare in atteggiamenti violenti?

Sì.

E questo accade sin dalle origini di questo Sport.

Sport che di “Attività intesa a sviluppare le capacità fisiche e insieme psichiche, e il complesso degli esercizî e delle manifestazioni, soprattutto agonistiche, in cui si realizza, praticati, nel rispetto di regole“ non ha nulla a che vedere. 

Parte proprio dalla doppia accezione di “tifo“ il libro d’esordio di Simonpietro Giudice, giornalista e autore televisivo romano che analizza in maniera dettagliata fatti di cronaca legati al calcio.

In Morti di Tifo viene anche messa a confronto la storia dell’hooligan con quella dell’ultrà, raccontandone gli stili, i modelli.

Tifo che diventa un modo di essere. Che diventa “kultura“.

Calcio che diventa croce.

Passione che diventa dolore.

 

Morire di tifo si può e succede da millenni.

 

Simonpietro Giudice
Simonpietro Giudice

Lasciamo che sia lo stesso Simonpietro Giudice a parlarne…

 Come e quando nasce Morti di tifo?

L’idea nasce qualche anno fa in seguito a un lungo viaggio in Inghilterra dove ho visto e sperimentato in prima persona la realtà calcistica nell’area geografica in cui è iniziato il fenomeno del tifo violento.
Il mio interesse mi ha portato a documentarmi e leggere quanti più articoli, racconti e storie su questo argomento, raccogliendo e collezionando una grande quantità di informazioni che ho poi riportato nel libro.

C’è stato un evento scatenante che ti ha spinto a occuparti di un fenomeno che è ormai diventato una piaga sociale?

Quando ero in Inghilterra una sera sono entrato in un pub e all’entrata c’era un cartello che vietava l’ingresso a chi indossava colori di squadre diverse dal club di quella zona della città. La cosa mi impressionò e decisi di approfondire l’argomento.

 Si gioca molto sul termine tifo già dal titolo…

Il titolo gioca con la parola “tifo” lungo un filo che collega l’accezione epidemica a quella di fede calcistica.
Il testo inizia con alcuni brevi riferimenti alle epidemie che hanno flagellato l’umanità, tra cui la malattia del tifo relazionata poi con l’epidemia sportiva. Entrambi hanno causato e continuano a causare la morte di numerose persone in tutto il mondo.

Le tragedie umane sono tutte dolorose, non ti chiedo di fare dei paragoni fra le storie raccontate, voglio chiederti invece se c’è stato un evento che ti ha maggiormente colpito per la sua drammaticità…

Mi viene subito in mente la tragedia del Maracana del 1950, che ha portato addirittura a suicidarsi per il tifo. Quella dell’Heysel del 1985, perché ha colpito la nostra nazione. Quella dell’Hillsborough del 1989, tragico evento che ha iniziato ufficialmente la lotta al tifo violento in Europa.

E ancora quella di Sarajevo (non avvenuta in uno stadio) del 1993, tragedia puramente legata a fatti geopolitici, dove il calcio è stato il mezzo per colpire più persone raccolte in un luogo.

Cosa dovrebbe fare secondo te la società affinché non si ripetano più simili episodi?

Rispondo con un pensiero fin troppo scontato: l’educazione allo sport (così come a tante altre cose) va inculcata fin dalla giovane età.

I piccoli tifosi di oggi saranno quelli che frequenteranno lo stadio tra qualche anno ed è quindi fondamentale iniziare proprio da loro.

Simonpietro giudice morti di tifo

Il mondo del calcio invece quale messaggio dovrebbe veicolare secondo te affinché il pallone venga visto esclusivamente come un gioco?

Bisognerebbe ricordarsi che il calcio è un gioco sportivo che appassiona e fa innamorare, e non dovrebbe degenerare in un amore tossico per cui si sacrificherebbe tutto pur di ottenere una vittoria.

Il calcio è passione, è condivisione, e dovrebbe rimanere tale.

Cosa pensi del calcio di oggi?

Per rispondere a questa domanda utilizzo le parole di mister Zdenek Zeman, che condivido in pieno: «Il calcio, oggi, è sempre più un’industria e sempre meno un gioco».

Credi che a volte anche gli atteggiamenti dei calciatori o alcune dinamiche interne alla società portino il tifoso ad assumere un comportamento violento?

Non si può pretendere che il calcio sia migliore delle persone che lo giocano, lo governano e lo amministrano. Che siano loro a dare il buon esempio.

Qual è il messaggio che vorresti il lettore trattenesse con sé alla fine della lettura del libro?

Il libro non è una critica al tifo, ma solo una finestra aperta sull’argomento. Considerando che la violenza è presente nelle società in generale, come ci si può aspettare che lo sport riesca a fare ciò che non si osa attuare nella società?

Il tuo prossimo lavoro?

Sto raccogliendo materiale su un argomento per me molto interessante: il calcio e le donne, la storia e l’evoluzione del rapporto tra queste due sfere.

 

Giusy Genovese