Arriva per ogni giocatore il momento in cui deciderà cosa vuole: rinnovare o andarsene? Cosa conta di più? Il legame con la maglia o la scelta economica?

Dal 1° luglio verrà ufficialmente riaperta la sessione estiva del calciomercato, ma a tener banco sembra già esservi la separazione, ancora in bilico tra Dries Mertens e il Napoli. O meglio, fra l’attaccante belga e la società. 

Dal 2013 ha scritto una storia in azzurro non da poco: 148 gol in tutte le competizioni, tra cui 113 in Serie A e 28 nelle competizioni UEFA, che lo rendono il giocatore con più gol nel Napoli. 

Con il contratto in scadenza il 30 giugno, sembra essere una corsa contro il tempo, sebbene entrambe le parti siano molto lontane da un accordo per il rinnovo. 

Sembra, secondo fonti, che l’attaccante azzurro tramite i suoi legali abbia richiesto 2.4 milioni di ingaggio più 1.6 milioni alla firma e alcuni bonus.

Totale 4 milioni, come il suo attuale ingaggio di 4,5 milioni. 

Rinnovo, che da parte della società azzurra e del presidente Aurelio de Laurentiis, sembra irrealizzabile a queste cifre. 

Una situazione che sta creando scompiglio nella piazza partenopea. Un amore reciproco quello tra Napoli e il suo Dries, ribattezzato “Ciro”. Un amore per Napoli che Mertens ha voluto ricambiare, chiamando suo figlio proprio Ciro. 

La tifoseria azzurra, da sempre legata al suo numero 14, spera in un riavvicinamento al termine degli impegni di Dries Mertens con la sua Nazionale, con il patron azzurro.  

Un modo per venirsi incontro, visto il legame che né Napoli né Mertens vorrebbero mai spezzare.  

Una trama da telenovela estiva che la tifoseria partenopea conosce bene.

Come dimenticare il recente passato azzurro, in cui nell’estate del 2016, tenne banco la telenovela: Higuain – Ssc Napoli? 

L’attaccante argentino, noto come anche uno dei traditori che passò dal Napoli alla Juventus per 90 milioni, non ha mai negato il suo rapporto ostile con il presidente azzurro.  

“La mia scelta è dipesa anche dal comportamento del presidente De Laurentiis, che non ho mai condiviso. Non avevo più rapporto con lui. Non avevo voglia di restare con lui un minuto di più”. 

Restando in casa Juventus, sembra assomigliare al divorzio tra uno dei simboli della società e il suo presidente.  

L’addio di Paulo Dybala, in bianconero per sette stagioni, ha scombussolato la tifoseria che ha sempre visto in lui un perno fondante e uno dei simboli della Vecchia signora. 

Ha indossato la 10, appartenuta a grandi giocatori come Platini, Roberto Baggio o Alessandro del Piero. 

Un addio che è la conseguenza del mancato rinnovo dell’argentino, da parte della società, sempre per la distanza economica ( ma non solo).  Se l’idea di Dybala era di un contratto per 4 anni e aumento dell’ingaggio, superiore ai 7,2 milioni, la Juventus voleva offrire un contratto biennale per 4-5 milioni ( per poi non presentare alcuna offerta).

Una lontananza che non ha portato a un accordo ma bensì all’addio, il 16 maggio, in uno Stadium stracolmo dove a far da padrone sono state le sue lacrime al fischio finale. Mentre al presidente Andrea Agnelli, anziché  applausi, sono stati riserbati solo fischi. 

Un sorta di déjà-vu Higuain-De Laurentiis.

E in questo caso, sembra essere sempre in ottica futuro il passaggio dalla Juventus all’antica rivale Inter.

 

Traditore”, “sei un mercenario”, “è un calciatore, può andare dove vuole”. Sono questi alcuni commenti che una parte della tifoseria riserva all’attaccante, non accettando ciò che potrebbe accadere. Sempre di più, i calciatori vengono definiti con il nome di mercenario, di squadra in squadra insomma. 

Secondo quanto riportano i più disparati dizionari di lingua italiana, la parola mercenario sta ad indicare:  

“Persona che presta la propria opera dietro compenso, e al solo fine di essere pagata, senz’altro interesse che quello del guadagno; anche dell’opera stessa, della prestazione fatta dietro compenso.” 

Del calcio, nostalgico, ormai sembra non esservi molto. Sono pochissimi gli esempi di “una squadra-una maglia”. Spesso seppure vi è la volontà di restare del giocatore, questa si va a scontrare con la parte della società. Società calcistiche che al pari passo del cambiamento, si ritrovano sempre più a gestire una quantità immensa di denaro.  

Un calcio moderno, quello dei presidenti che speculano sui contratti, sulla passione dei tifosi, sui prezzi alti degli abbonamenti, come sta per accadere in casa Juve. 

Una speculazione, come poteva essere il progetto Super Lega, fortunatamente abbandonato ( o no?).  

Un calcio moderno in cui l’attaccamento alla maglia e il rispetto nei confronti dei tifosi sembra lontana anni luce.  

Oltre al denaro vi sono storie, passioni, fedeltà, che difficilmente uomini d’affari, impegnati nei loro progetti, potranno in larga parte comprendere. 

Tra sponsor commerciali, diritti di immagine, pay-tv, ricavi dalla posizione in competizione europee, ci viene da chiederci. 

Torneremo mai a dare più importanza alla passione calcistica che al denaro? 

 

 

Rosaria Picale