“Da quando Baggio non gioca più… non è più domenica”, recita il testo di una famosa canzone di Cesare Cremonini. Sono passati undici anni da quando Roberto Baggio ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo, era il 16 maggio del 2004, penultima partita del Campionato di Serie A, Milan-Brescia, il Divin Codino lascia il campo tra gli applausi di tutto il pubblico di San Siro in piedi per lui e l’abbraccio di un’ altro grande del calcio Italiano, Paolo Maldini.

Definito da Platini come “un nove e mezzo” per la sua tendenza a ricoprire svariati ruoli in fase offensiva, è stato uno dei giocatori più amati ed “odiati” del nostro calcio. Genio e follia le caratteristiche che lo hanno portato ad avere rapporti burrascosi con quasi tutti gli allenatori per cui ha giocato, da Eriksson e Cesare Maldini, ma che gli hanno anche permesso di giocare in alcune fra le più ambite piazze italiane.

E’ stata la Fiorentina a dare i natali alla sua lunga carriera da giocatore, protagonista assoluto del duo di attacco “B2”; in coppia con Stefano Borgonovo ha trascinato i Viola alla qualificazione in Coppa Uefa nella stagione 1988-1989. Poi la Juve, il Milan e l’Inter senza dimenticare  il Bologna e il Brescia, teatro degli ultimi anni della sua straordinaria carriera.

Tra i pochi italiani a conquistare l’ambitissimo Pallone d’Oro vinse poco a livello di Club, a discapito del suo straordinario talento, e soprattutto con la Juventus, Campionato, Coppa Italia e Coppa Uefa, nonostante la sua dichiarata non simpatia per i colori bianconeri. “Mi ricordo ancora la scena: quando Baggio passò dalla Fiorentina alla Juventus, in conferenza stampa, davanti ai giornalisti gli misero al collo la sciarpa bianconera e lui la gettò via. Fu un gesto imbarazzante, io dissi che il ragazzo andava compreso: era come se avessero strappato un figlio alla madre”, racconta il suo procuratore di allora, Caliendo.

Oggi a undici anni dal suo addio addio al calcio di lui resta il ricordo e l’amore indelebile di tutti gli amanti del calcio vero fatto di talento e grande cuore.

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Cecilia Stuani