Paulo Dybala annuncia di volere dalla Juventus la retribuzione mancante: come si distrugge la reputazione di un personaggio pubblico…

Non c’è pace per Paulo Dybala. L’argentino ha dichiarato di essere in credito di più di 3 milioni di euro nei confronti della Juventus e reclama i suoi compensi.

Il giocatore non intenderebbe fare causa alla sua ex società, ma in caso di temporeggiamento ulteriore i suoi legali sono pronti a intervenire.

Questa notizia ha scatenato un putiferio di insulti da parte dei tifosi juventini.

Dybala è accusato di essere avido, secondo molti  dovrebbe rinunciare a ciò che gli spetta. Ma trattandosi di una somma importante quale sarebbe la stranezza da parte dell’entourage dell’argentino e dello stesso nel tutelare i suoi interessi?

Perché accusare il giocatore? 
Perché continuare a gettare fango su un ragazzo a cui è stato strappato un contratto già firmato, e poi messo alla porta? Perchè lo stesso calciatore dovrebbe fare sconti a chi non è stato limpido nei suoi confronti?

Ah, giusto: forse perché, come sostengono alcuni detrattori della Joya oramai diventato Traditore, in quanto calciatore – quindi privilegiato e benestante – potrebbe e dovrebbe fare a meno di tale somma (del suo stipendio).

Quale lavoratore lo farebbe?

E ancora c’è chi addirittura, nel criticare l’argentino, parla di soldi spropositati percepiti:  dimenticando forse che se le retribuzioni sono eccessive non è certo colpa di chi le riceve, ma di chi ha concepito un carrozzone che sta diventando troppo costoso e che non diverte più.

La Juventus dal canto suo, ancora oggi, annovera a libro paga diversi giocatori costantemente rotti o che disputano una partita ogni tot (o che si fanno espellere dopo 40 secondi di campo ricevendo una pacca sulla spalla di consolazione).

Paulo Dybala non ha sposato la Juventus, forse pensava di fermarsi di più, ma i matrimoni si fanno in due ed è evidente che l’unione sia finita male.

Questo accanirsi sul personaggio senza nemmeno conoscere i fatti è un segno che il calcio non ha più regole e si riduce a contenuti la cui serietà è pari ad un giornale “scandalistico”.

I calciatori fanno del gioco del calcio il proprio mestiere e ogni professionista dello sport, se può e se ne ha l’opportunità, ambisce a migliorare la propria posizione.

La vicenda personale di Paulo Dybala non deve offuscare quanto fatto in precedenza, semplicemente perché ciò che riguarda i sospesi con i suoi  ex datori di lavoro non dovrebbe riguardare giornalisti e tifosi.

Una comunicazione eccessivamente scandalistica e non verificata accresce il sentimento popolare negativo che crea il  mostro da sbattere in prima pagina,  a cui va fatto il processo senza che questi si possa difendere.

Il giocatore quando incontra la sua ex squadra è letteralmente “sotto tortura” della telecamera: se muove un sopracciglio, se sorride, se esulta, se parla, se piange o ride  deve essere per forza contro la Juventus.

Accusato di tradimento e falsità, Dybala ne esce puntualmente massacrato.

Nel mentre il portavoce ufficiale della Juventus Massimo Calvo ha dichiarato che le vertenze in sospeso sono tutte al vaglio degli avvocati con istruttorie in atto (di cui non si dovrebbe farne menzione pubblicamente).

Indietro non si torna ma andare avanti fa paura.

Difficilmente chi abituato a certi ingaggi ci vorrà rinunciare poiché in Europa funziona così.

L’unica consolazione è la next generation capace ancora di emozionarsi… fino a quando anche le giovani promesse non saranno accalappiati da procuratori e alle prese con contratti da firmare.

Fino a quel momento godiamoceli perché una volta proiettati nel firmamento delle star,  la passione finirà.

 

Cinzia Fresia