Ripercorriamo insieme alla storica mezzala di Fiorentina e Roma, un excursus della sua vita da calciatore, parlando anche di come è cambiato il calcio rispetto agli anni in cui giocava e anche del poco utilizzo attuale di giocatori provenienti dalle giovanili

Ho avuto la possibilità di intervistare Giancarlo De Sisti, storico centrocampista che ha militato per molti anni nella Fiorentina e nella Roma. Nel suo palmarès non dimentichiamo anche e soprattutto il primato agli Europei del 1968 in Italia e il secondo posto ai successivi Mondiali del 1970 in Messico.

Lei in carriera ha vinto alcune competizioni, due Coppe Italiane con Fiorentina e Roma, una Coppa Uefa con la Roma e una coppa Europea con la Fiorentina e uno scudetto sempre con i viola. Che ricordi ha di quel periodo? E come è cambiato il calcio adesso?

Sono stati tutti successi spalmati in un unico decennio, a partire dal ’61 in cui ho vinto la Coppa Uefa che all’epoca si chiamava Coppa delle Fiere fino ad arrivare al ’68-69 dove ho vinto lo scudetto con la Fiorentina.
Il calcio è cambiato moltissimo, prima si aveva la possibilità di avere prima l’apporto di un solo straniero, poi due. Una sostituzione per partita fino ad arrivare alle attuali tre. E’ cambiato tantissimo anche nell’abbigliamento. Abbiamo giocato la finale dei Mondiali nel ’70 con una maglia azzurra di lana pura a 40° con l’umidità del Messico.
La preparazione e l’allenamento sono completamente cambiati.
Ma la cosa più importante è che prima non c’era la libera circolazione dei calciatori, c’era un senso di appartenenza perchè non c’erano i tanti incantatori di serpenti di ora.

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Pioli, in un inizio altalenante e dopo poi quello che purtroppo è successo, è riuscito a imporre le proprie idee di gioco alla squadra che ha saputo reagire con grande orgoglio e onore, entrando prepotentemente di nuovo in corsa per l’Europa League, cosa ne pensa?

Io spero vivamente che riesca ad entrare in Europa League in quanto una parte del mio cuore è a Firenze. La Fiorentina ha avuto inizialmente difficoltà, una squadra completamente nuova, anche lui nuovo; ha dovuto faticare prima di creare un gruppo unito e solido. La squadra ha lottato, è legata a Chiesa, al povero Astori, in attacco ha ottimi elementi come Simeone e Thereau, la forza è riuscita ad averla anche dai singoli.
La disgrazia che purtroppo è capitata, ha toccato il cuore di tutti, ha cementato l’orgoglio dei calciatori violi che stanno dando qualcosa in più, come se fossero guidati proprio da Davide. C’è qualcosa di magico in questo comportamento.

A proposito di Federico Chiesa e altri giovani italiani come Nicolò Barella e tanti altri che al momento sono alcuni dei giocatori più promettenti in circolazione. Come mai si sfrutta poco il settore giovanile?

Sono sempre troppo poche le società che sfruttano il settore giovanile, l’Atalanta è un esempio lampante. Tante volte vengono sacrificati i nostri giovani per altri che hanno nomi più conosciuti. Non c’è molto coraggio da parte delle società di puntare su di loro. Adesso anche nelle giovanili italiane ci sono tantissimi stranieri; ultimamente si sta parlando della possibilità dell’inserimento della seconda squadra che pare possa prendere piede.

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Cosa pensa dell’ultima squadra italiana impegnata in Europa. Si può ancora sognare o rimanere con i piedi per terra?

Noi a Roma, come siamo avvezzi fare ci carichiamo di entusiasmo quando le cose vanno bene e ci deprimiamo quando succede qualcosa di avverso quindi si dovrebbe trovare il giusto equilibrio. La nostra sofferenza pregressa ci porta a gioire eccezionalmente anche nei moneti in cui si vince qualche partita in particolare, come quella contro il Barcellona.

Come vede invece la Nazionale? A chi affiderebbe la panchina?

Non lo so sinceramente. C’è un’operazione di rinnovamento generale in federazione e nella squadra. Tante volte anche con l’inserimento appunto di nuovi giovani, si tende a far giocare i più veterani per una questione di solidità. Penso lavoreranno bene quindi per me è indifferente la scelta del tecnico.

Raffaella De Macina
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