Immaginate di essere un bambino che sogna di diventare calciatore. Bene, ora immaginate che il vostro più grande desiderio sia quello di segnare un gol in Champions League. E adesso immaginate di essere per un istante Giovanni Simeone che quel sogno l’ha appena realizzato. E’ mercoledì 7 settembre e allo Stadio Maradona si gioca Napoli- Liverpool, fase a gironi della Champions.

Avevo bisogno di un minuto e di una sola occasione”,  dichiara il Cholito ai microfoni di Dazn nel post partita. E quell’occasione si presenta al minuto 44 quando spinge in rete l’assist perfetto di un travolgente Kvaratskhelia. Il labiale rivoltogli  da Luciano Spalletti prima del suo ingresso in campo è stato chiaro :” Buona fortuna”. Quasi come se sapesse già tutto. Perché l‘allenatore prima di ogni altra cosa è una sorta di padre adottivo e sa benissimo quando uno dei suoi figli è pronto.

Simeone lo era e a dirglielo è stato anche la sua guida, il suo mentore, ovvero suo padre il Cholo Simeone. Entrambi si telefonano sempre prima di ogni partita e sono la sesta coppia padre figlio ad aver segnato in una delle competizioni più importanti. Il cholito quel gol l’ha voluto con tutto se stesso, sin da quando a 14 anni si è fatto tatuare sul braccio il pallone a stelle simbolo della competizione.

Quando nasci a Buenos Aires e cresci con il mito di Diego Armando Maradona, approdare a Napoli significa molto. La maglia azzurra è una maglia che pesa di responsabilità e di emozioni. Simeone questo cercava, l’occasione di dimostrare a 27 anni che lui il cognome che porta dietro lo merita davvero nel mondo del calcio. Già a Verona lo ha ampiamente dimostrato con le sue 17 reti ed ora in terra Partenopea è pronto a fare ancora meglio. Molte offerte sono arrivate al suo capezzale, ma lui ha scelto solo Napoli. C’è un filo rosso che unisce argentini e napoletani e che viaggia oltre oceano per legarsi ad un tempo che parte proprio da quel 5 luglio del 1984, quando un marziano atterra al San Paolo. 11 anni dopo esatti il 5 luglio del 1995, nasce Giovanni Simeone. A testimonianza di quanto quel filo non si sia mai slegato.

Nel calcio contano molto anche le occasioni, i momenti, che possono accontentare o scontentare una delle due parti. Nel caso di Simeone, l’infortunio del compagno di reparto Victor Osimhen, ha rappresentato per lui una chance che l’argentino ha saputo sfruttare al meglio senza farselo ripetere due volte. Vedere i suoi occhi lucidi nel post partita, ha per un attimo abbattuto quella distanza tra noi ed un calciatore. Lì davanti in quel momento abbiamo avuto la fortuna di avere un uomo, con lo sguardo da bambino e ci siamo riconosciuti tutti uguali di fronte ai sogni. Quando gli viene chiesto di ridare un bacio al tatuaggio del pallone, Giovanni risponde fanciullescamente di no perché si sarebbe vergognato, nonostante lo avesse baciato poco prima davanti a milioni di persone.

Ma se lo osservate attentamente, potete rendervi conto di come quel bacio, seppur davanti a milioni di occhi fosse così intimo e privato. In quel momento Simeone aveva 14 anni e se lo era appena tatuato sulla pelle per la prima volta.

Elisa Licciardi