Lupo Rattazzi è un imprenditore del trasporto aereo internazionale, dal 2004 è Presidente della compagnia aerea Neos.
Figlio di Susanna Agnelli e del Conte Urbano Rattazzi, è nipote di Giovanni ed Umberto Agnelli, laureato alla Columbia University e alla Kennedy School di Harvard.
Il dottor Rattazzi oltre ad essere imprenditore nel complesso  settore  dell’aviazione privata è’ stato socio fondatore e Presidente di Air Europe, e’ stato Presidente di Assaereo (Associazione dei vettori e degli operatori del trasporto aereo italiano), e di AOPA Italia (Associazione Operatori e Piloti dell’Aviazione Generale.
Ha conseguito tre  licenze  di pilota privato (Italia, USA e Argentina).
Rattazzi è altresì un attento osservatore dell’economia mondiale oltre ad essere interessato al tema della sicurezza del Volo e della dinamica degli incidenti aerei.
A questo proposito il Presidente della Neos, attraverso il sito web di sua creazione www.ilcasomattei.com effettua un’attenta analisi sul presunto attentato del personaggio politico esponente dell’allora Democrazia Cristiana e fondatore dell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi).
lupo rattazzi

 Abbiamo voluto interpellare il dott. Rattazzi per avere una sua opinione, quindi un parere autorevole, sull’industria Calcio in Italia, oggi profondamente in crisi…

Dottor Rattazzi, seguo spesso e con molto interesse i suoi interventi in merito alla gestione politica del nostro paese dalle prospettive limitate. Parleremo dell’industria  calcio. La nostra Serie A, la scuola calcio italiana fino a ieri fiore all’occhiello del paese, oggi è profondamente in crisi: con i club più prestigiosi indebitati a causa di transazioni finanziarie stratosferiche  che non coinvolgono esclusivamente il giocatore. Da dove si dovrebbe ricominciare secondo lei per riazzerare tutto e ricollocare l’azienda calcio in una dimensione più sostenibile?

Viviamo un calcio in bancarotta che coinvolge la maggioranza delle squadre salvo Udinese e Atalanta. Esistono storture incredibili, con stipendi fuori mercato, costi di gestione altissimi.
Mio cugino (Andrea Agnelli) aveva trovato una strada possibile per risollevare l’economia che regola il calcio ma non è più percorribile. 
Ridurre  i costi è di  difficile applicazione,  poiché il rischio è di  essere non  più competitivi a livello internazionale. D’altronde non è nemmeno giusto ricorrere a continue richieste agli azionisti per coprire le mancanze. Nonostante i grandi investimenti che la Juventus ha effettuato, i ricavi non sono sufficienti.

Inchieste, penalizzazioni ancora prima di aver emesso sentenze, diffusioni di intercettazioni sotto segreto istruttorio, magistrati che “tirano la pietra e nascondono la mano”, tutto si svolge senza regole secondo un sistema che utilizza diversi pesi e misure e che stabilisce già il “colpevole” prima di effettuare il processo. Giustizia sportiva e ordinaria sono in crisi?

Se la Juventus sarà colpevole, non sarà la sola.
Tuttavia ho fiducia nella magistratura.
L’idea innovativa (almeno in Europa) della Super Lega ha suscitato  diverse reazioni nell’ambiente. L’Uefa si è ribellata citando a giudizio tre dei club fondatori, i quali al contrario hanno avuto ragione dal tribunale di Madrid il quale ha sentenziato che la fondazione di una nuova competizione fuori dall’organo istituzionale non è reato, anzi è compatibile con  la libera concorrenza. Possibile che qualunque idea nuova sia presa sempre nel peggiore dei modi e si gridi costantemente al tradimento o peggio al complotto?
In realtà il boicottaggio della Superlega, che premetto  era un ottimo progetto,  non è arrivato dall’ Italia bensì da fuori, precisamente dall’Inghilterra.
Mi ha colpito molto la coesione dei capi di Stato compreso l’ex premier Draghi, la cui reazione ha fomentato una ribellione popolare. E’ stato un peccato, ma è altresì vero che per tradizione siamo restii  a qualunque forma di innovazione.
Il calcio italiano è diventato brutto e noioso. La Serie A è sempre meno interessante e la nostra Nazionale non partecipa al Mondiale di calcio da due edizioni. Una vera e propria decadenza di risultati ma anche di talenti tra allenatori e calciatori.  E’ il risultato di una mentalità che si ostina a non voler cambiare?
Più’ che una mentalità, è  la necessità  di ottenere  risultati immediati che condiziona il modo di pensare ed operare nel settore.  Una condizione che deriva dalle esigenze  economiche  che accomunano  i club italiani. Al punto in cui si è  arrivati è difficile auspicare un cambiamento di approccio, nessuno sarebbe disposto a fare un passo indietro.
In Italia c’è una certa diffidenza nei confronti dell’utilizzo dei giocatori molto giovani nelle serie principali. Contrariamente al resto dell’Europa ove non hanno pregiudizi nei confronti dei giovanissimi. Crescono direttamente sul campo diventando dei Campioni. I giovani talenti italiani invece vengono spediti all’estero. Perché tutta questa diffidenza? Secondo lei gli allenatori italiani non credono nei giovani?
L’urgenza dei risultati condiziona il vivaio quindi la crescita dei nuovi talenti. Gli allenatori si trovano tre l’incudine e il martello, nel dover soddisfare le esigenze aziendali a scapito della crescita dei giovani che, però, compromette la qualità della Nazionale.
Si tenta di prendere esempio dalle altre realtà europee le quali sono riuscite a diventare autosufficienti quindi a sostenersi creando business intorno al marchio. In Italia si prova, ma non si riesce perché purtroppo si spende di più di quello che si ricava. Come dovrebbero fare i club per raggiungere questa indipendenza economica?
Considerato che il fair play finanziario non ha funzionato, poiché ci sono dei club (per citarne uno, il Paris Saint Germain)  che pur di avere ciò che vuole non bada a spese, questo atteggiamento si riflette automaticamente sugli altri gruppi con meno possibilità.
Non è facile trovare una soluzione
se tutti non osservano le stesse regole.
Lei è stato in passato tifoso della Roma: come prendeva suo zio, l’Avvocato Gianni Agnelli primo tifoso della Juventus e profondo conoscitore di calcio, la sua passione? Ci scherzavate su?
Non è esatto. Sono cresciuto a Roma, e per me è naturale avere simpatia per Roma e Lazio. Ma, alla fine, sono felice quando vince la Juventus.
Il calcio odierno non riesce ad appassionarmi, sono affezionato al calcio di quando ero ragazzo: per me la Juventus era quella di Charles, Sivori, Nicolè …

Il concetto attuale in cui il calciatore scende dall’aereo privato è lontano dall’idea che avevo dei calciatori. Anche se mi rendo conto che i tempi sono cambiati e lo Star System prevede anche questo.

lupo rattazzi susanna agnelli
Dottor Rattazzi, parliamo di sua madre Susanna Agnelli, una donna eccezionale che ha rappresentato un esempio per tutte le donne. Ammirevole l’impegno politico nei confronti della condizione femminile e della protezione delle categorie più deboli. Seguiva il calcio o era appassionata di altri sport?
Mia madre non era interessata al calcio, ma nei primi anni ’60 (era l’epoca in cui si seguivano  le partite  attraverso le radioline con il “Calcio minuto per minuto”) ero insieme a mia madre quando apprendemmo che la Juventus aveva vinto lo scudetto, esultammo insieme.
Per concludere dottor Rattazzi, qual è secondo lei, il paese con il modello politico al quale vorrebbe che l’Italia si ispirasse?
Tutti i paesi hanno dei problemi, osservando i disordini in Francia o in Israele, l’Italia sta vivendo un periodo di stato di grazia in merito all’economia.
C’è una solida maggioranza politica che ha tutte carte in regola per far funzionare il paese. Dovrebbe esserci più coesione tra forze politiche. Auguro a questo governo di durare e di lavorare bene.
Cinzia Fresia