È disponibile in tutte le librerie e gli store online “Volare libero”, il libro scritto da Federico Calabrese, giovanissimo giornalista, insieme a Gianluca Pagliuca.

Un libro che racconta non solo le imprese sportive di uno dei portieri più forti di tutti i tempi, non solo le vittorie, i successi, ma anche l’essenza stessa del calcio. Quel calcio fatto di sacrifici, di gioie ma anche di dolore, di onestà intellettuale, di coraggio.

Tanti sono i ricordi e gli aneddoti che l’ex portierone racconta sulle pagine di questa biografia.

Noi di Gol di Tacco, a poche ore dalla presentazione a Genova, città che consacrò Pagliuca, abbiamo intervistato Federico Calabrese, che ci ha svelato come è nata l’idea di mettere su carta “ Volare Libero”.

Era già un po’ di tempo che avevo questa idea di voler raccontare la storia di un grande calciatore in un libro. Poi sicuramente mi sono fatto influenzare dalla città, (Bologna, ndr). Mi trovavo in libreria e sfogliando altre biografie,  in maniera totalmente naturale mi è venuto in mente il suo nome.  Ho controllato se qualcuno avesse già scritto qualche libro su di lui, ho fatto qualche ricerca e poi gli ho scritto di getto, senza aspettarmi nulla. IN realtà mi ha scritto abbastanza presto e da lì è partito tutto.

Come è stato l’incontro con Gianluca? 

Ho trovato una persona molto umile, di solito i calciatori hanno un carattere un po’ particolare. In realtà fin dal primo incontro ho scoperto una persona onesta che si è messa subito a disposizione. È apparso molto entusiasta della cosa ed è stato anche facile legare con lui. Sì è creato fin da subito un ottimo rapporto. Non c’è mai stata quella barriera giornalista – ex calciatore, sembrava più un incontro di due amici al bar. Motivo per cui è stato abbastanza facile poi fare tutto il lavoro.

C’è qualche aneddoto particolare che ti ha colpito?

Gianluca ha una memoria di ferro quindi questo ha reso più semplice il lavoro. Io avevo molte curiosità e lui me le ha elencate tutte. Nel libro ci sono tante realtà, tanti aneddoti.

Un aneddoto che dimostra appieno l’onestà e lo spirito di sacrificio di Gianluca è che nel corso della sua adolescenza non è stato tutto sempre molto facile anche a livello economico. Lui per due anni ha giocato con un paio di scarpe che calzavano con due numeri in più. Ha usato queste scarpe che gli andavano lunghe e ha riempito questo spazio con due calzettoni. Questo è forse il primo aneddoto che fa capire a fondo quanti sacrifici lui abbia fatto.

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Sacrificio, una parola che ai giorni d’oggi sempre essere caduta nel dimenticatoio…

Lui lo dice nel libro. C’è una parte in cui racconta che tutti hanno voglia di arrivare ma pochi hanno voglia di fare sacrifici. Nel liBro racconta che i gIovani adesso dovrebbero capire che non tutti possono fare i calciatori anche perché il livello è cambiato, le difficoltà sono aumentate. Secondo me un bambino che vuole avvicinarsi al mondo del calcio innanzitutto deve rimanere con i piedi per terra. Adesso vediamo giovani, e lui lo dice spesso, che negli spogliatoi non fanno piu gruppo, ma stanno con il cellulare in mano O ascoltano la musica. prima non era così. 

Cosa può imparare un giovane ragazzo fa questo libro?

Può imparare che con lo spirito di sacrificio si può arrivare lontano ma serve anche un pizzico di fortuna,  serve anche trovarsi al posto giusto nel momento giusto vero, ma senza spirito di adattamento è complicato arrivare. Pochissimi oggi ci riescono, come ha dimostrato Gianluca di avere qualcosa in più degli altri, così dovrebbero fare i ragazzi che vogliono avvicinarsi al mondo del pallone pur sapendo che è un mondo complicato e che è cambiato rispetto a quando lui giocava.

Capitolo adulti. Quanto è importante la figura dei genitori per un bambino che sogna di diventare un calciatore?

Gianluca parla anche di questo. Adesso sentono molto la pressione dei genitori che vogliono che i figli sfondino nel mondo del calcio. Ma non è sempre così, magari riescono due o tre su dieci. Bisogna dimostrare di avere capacità migliori degli altri.

Oggi bisogna avere fame. C’è una parte in cui Gianluca afferma “quando ero giovane avevo fame, perché sapevo che avrei potuto fare il calciatore o un altro mestiere”. Il calcio lo ha salvato, aveva fame, cattiveria, doti che dovrebbero avere i calciatori.

E sui calciatori diventati quasi degli influencer 3.0…

Molti pensano a curare l’immagine fuori dal campo piuttosto che ad allenarsi. GIanluca mi ha fatto entrare in un calcio totalmente diverso da quello di oggi. QUando giocava lui si organizzavano le cene con la squadra, se qualcosa non andava si organizzavano in gruppo per capire i problemi, per capire come migliorare, cosa si stava sbagliando. adesso è tutto più competitivo. Non Dimentichiamoci che a 20 anni credono di essere già arrivati, poi a 22/23 diventano delle meteore.