Sabato 6 agosto Micaela Palmieri, giornalista, scrittrice e noto volto del Tg1, ha presentato a Sutri (Vt) il suo terzo libro “Educazione Ambrosiana”, nella cornice del giardino dello storico Palazzo Doebbing.

Tra i partecipanti all’evento il vicesindaco Lillo Di Mauro e il Dott. Giuseppe De Marchis,
che hanno intrattenuto un interessante dialogo con la giornalista.

È stato un momento magico per chi condivide la passione per il calcio e in particolar modo per l’Inter, per questo immancabile anche la presenza di molti dei membri dell’Inter Club locale, i quali hanno potuto rivivere tramite il racconto di Micaela delle emozioni indimenticabili.

Il libro si concentra infatti su undici partite che secondo l’autrice hanno cambiato la vita degli interisti, raccontate non in prima persona ma attraverso personaggi anche molto diversi tra loro, giovani donne, fratelli, amici, tutti uniti dall’amore per una squadra che delle volte fa soffrire e altrettante volte regala gioie indescrivibili.

La prefazione di Nicola Berti rende bene l’idea di quello che si leggerà nelle pagine successive; non si tratta di un semplice libro che parla di calcio, ma di un viaggio attraverso storie di vita quotidiana unite dallo stesso filo, l’amore per l’Inter; e lo fa nel modo più naturale possibile, attraverso gli occhi di chi certe emozioni le ha vissute sulla propria pelle.

Pur essendo lei tifosa interista, ed avendo vissuto gran parte delle partite presenti nel libro, ha deciso di non raccontarle in prima persona, ma ha utilizzato storie relative ad altri personaggi, inventati o meno.

Le abbiamo chiesto il perché questa scelta? In realtà c’è una Micaela nascosta in alcune delle storie che abbiamo letto?

«Non ne ho raccontate molte in prima persona perché, quando scrivo, trovo che la prima persona sia compromettente e non mi permette a volte di essere del tutto sincera perché ho paura che chi legge il libro, in particolare le persone a me vicine, pensino che tutto quello che c’è scritto sia autobiografico e quindi questo, anche inconsciamente, mi limita un po’ e allora tendo ad utilizzare una terza persona o una “finta terza” che mi aiuta in questo limite. 

Per quanto riguarda la seconda domanda diciamo che preferisco non dire se sono autobiografiche o no perché così rimane, come dice la mia amica del cuore, “l’enigmatico mistero”».

michela palmieri
fonte immagine: profilo fb della giornalista

Domanda da donna a donna. Purtroppo, in questo ambiente esistono ancora troppi pregiudizi sulle donne che parlano di calcio. Durante la scrittura del libro e dopo la pubblicazione ha mai ricevuto, o temuto di ricevere delle critiche e degli atteggiamenti di diffidenza?

«Credo che tu abbia colto nel segno, perché le donne spesso, soprattutto nel calcio (ma non solo) devono fare il doppio della fatica, almeno a me è capitato così ma penso anche a te. Capita che siamo spesso sottovalutate, su alcuni argomenti ci dicono “Ma perché ne parli? Ma cosa ne vuoi capire?” e ti lancio una provocazione: a volte non è del tutto sbagliato quello che ci dicono. Perché nel calcio spesso è capitato, almeno a me, che alcune donne ne parlassero in un modo forse non giusto, facendo vedere parti del corpo per attirare l’attenzione dei maschi. Ma con ciò voglio dirti che non condanno le donne per questo, perché spesso capita che tu debba trovare un modo per farti ascoltare, e a volte non è detto che sia il modo giusto.

Penso che dipenda dal modo in cui è strutturata la società, ancora oggi, che ti spinge a fare cose che se tu fossi un uomo non dovresti fare, o almeno potresti scegliere di non fare. E quindi sì, anche nella scrittura di questo libro effettivamente ci ho pensato e ho detto “sicuramente andrò incontro a critiche”, però ti capiterà poi, man mano che passano gli anni, che inizi a fregartene delle critiche, anzi, le aspetti, perché così puoi rispondere con una certa forza che ti costruisci con l’esperienza e con le sofferenze. E allora puoi rispondere che sì, anche nel calcio, una donna che ha lavorato di più e ha ascoltato di più, può diventare anche meglio degli uomini».

L’Inter è riuscita a vincere lo scudetto dopo undici anni. Se potesse decidere di aggiungere una sola partita della stagione di quest’anno a quelle già presenti nel libro, quale sceglierebbe e perché?

«Probabilmente quella con la Juve, sia per la partita in sé ma anche per quel rapporto complicato che noi interisti abbiamo con la Juve, che anche molte altre squadre hanno, ma noi in particolare. Ecco, penso che la vera svolta sia stata quella, la vera consapevolezza dei mezzi che una squadra può avere. E poi mi viene da pensare anche che forse c’è stato un giocatore di cui ci stiamo privando, ovviamente Lukaku, che è stato lui poi quello che ci ha condotto alla vittoria e credo che una società di calcio come l’Inter non avrebbe dovuto privarsi di un giocatore così, anche per tutti quei soldi. Perché alla fine, forse sarà banale dirlo, ma non puoi comprare tutto col denaro».

La serata si è conclusa con saluti e dediche, specie ai tifosi nerazzurri che hanno seguito con grande entusiasmo l’evento. D’altronde Educazione Ambrosiana è un libro di passioni, e come l’autrice ha sottolineato più volte, “sulle passioni non si può mai mentire”.

 

Romina Sorbelli