Nel Napoli campione d’Italia ognuno vuole prendersi il proprio merito. Si va dai giocatori, all’allenatore, Spalletti, finalmente riuscito a conquistare un titolo in Italia, o al presidente, al vertice della soddisfazione. 

Eppure, vi è un uomo che ha sempre lavorato nell’ombra, che questo scudetto l’ha costruito, l’ha visto crescere ed espandersi fino a diventare una concreta realtà. 

Stiamo parlando di Cristiano Giuntoli, direttore sportivo della SSC Napoli dal 2015. Scostandoci dalle voci di mercato, che lo vedono sempre più vicino alla Juventus, scopriamo insieme chi è l’uomo del momento. 

O dovremmo definirlo, l’uomo dal dietro le quinte? 

Nato nel 1972 nella tanto amata toscana, terra dei più importanti allenatori (vedi Allegri, Sarri e Spalletti) la sua è la storia di tanti calciatori, che vivono nell’ombra. 

Milita in Serie C e D, calcando palcoscenici minori, fra cui Colligiana, Imperia, Latina e Savona, per dirne alcune. Nel 2007, a 36 anni, fa come tutti i calciatori: appese le scarpine al chiodo, si ricomincia. 

Frequenta Coverciano, dove riuscirà a prendere il patentino per allenare in Serie B, ma i campi della serie cadetta non lo vedranno mai in azione, semmai in un ruolo nuovo, quello dell’Direttore Sportivo. 

Incomincia, così, dalla scrivania, partendo da La Spezia dove riesce a condurre i liguri in serie cadetta. Di lì a poco, nel 2009, arriva a Carpi come vice del nuovo direttore sportivo Giandomenico Costi. Ed è qui che incomincia la sua magia, quasi da architetto, puntando tutto su una concisa e semplice parola, rifondazione: puntare su calciatori giovani, emergenti e poco conosciuti. 

Una svolta vincente nel calcio moderno, grazie alla sua particolarissima rete di scouting. 

Una politica fruttuosa che porterà la squadra modenese a 4 promozioni in appena 5 anni. Una volata eccellente, per una squadra partita dalla Serie D alla Serie A, categoria mai calcata dal club nella sua storia. 

E poi l’approdo a Napoli nell’estate del 2015 scelto da Aurelio de Laurentiis, assestandolo ai vertici della Serie A, rendendolo competitivo e soprattutto trionfando con la vittoria della Coppa Italia nel 2020, e non ultimo, il 3 scudetto azzurro. 

In tutto ciò, Giuntoli ci ha sempre messo del suo, portando con sé 3 cardini fondamentali della sua filosofia di lavoro. 

Primo fra tutti, il contratto annuale dell’allenatore, perché si lavora di stagione in stagione. E la conferma, quella va meritata, come giusto che sia. 

Poi, i giocatori. Fondamentale che abbiano fame, di successo, di affermazione, di voglia di riscatto. Perché, per quanto banale possa sempre, solo gestendo e lavorando con persone che siano motivate al 100% nel progetto, si possono ambire a grandi risultati. 

E per finire, uomini di comprovata fiducia. Non è un caso che vi sia come collaboratore tecnico Giandomenico Costi, che nel 2009, come diesse del Carpi lo aveva chiamato nello staff. 

Ma Cristiano Giuntoli è anche un perfetto esempio di maniacalità, che in questo ambiente risulta fondamentale.  

Nei ritiri estivi del Napoli, nella località trentina di Dimaro, lo si vedeva spesso, aggirarsi quasi fosse un drone, parlando con giocatori, osservandoli dall’alto. Dei calciatori controlla tutto, da vero esperto, da come si allenano, a cosa e dove mangiano, da laureato in scienze motorie e sportive. 

La sua arma principale è quella di essere un attento talent scout e uno scrupoloso ed abile tessitore di trattative. Spesso coraggioso in questo ruolo particolarissime, che come tutti ha potuto aver preso un abbaglio, ma che, come dicono gli esperti: “Ci vuole coraggio a investire su talenti non ancora fatti e finiti.” L’intera formazione azzurra è un’opera sua, completamente modellata, secondo cardini ben precisi. I 50 milioni spesi per Osimhen, che ora come ora possono apparire come una quantità misera, al tempo apparivano come un’esagerazione. 

O ancora i 32 milioni per Milik, dopo l’addio di Higuain. O ancora i 18 milioni spesi per uno sconosciuto Kim, difensore di una squadra turca, con l’arduo compito di sostituire Koulibaly. E Giuntoli ha fatto tutto ciò, lavorando estremamente bene. Abbassamento dei costi, giocatori poco costosi ma al limite del talento e adatti a un calcio nuovo, quello di Spalletti.  

(2) Kickest | Il Fanta Statistico su Twitter: “✅Bilancio Trasferimenti: +13 milioni ✅Monte ingaggi tagliato del 27% ✅Età media della rosa più bassa ✅Età media dei nuovi acquisti: 22,1 anni ✅Max stipendio netto x nuovi arrivi: 2,5 Mln https://t.co/H0MdlvFWhh” / Twitter

Grandi colpi, stipendi sostenibili. Grazie, soprattutto a una rete di contatti, in tutte le categorie, e uno scouting, continuo e ricercato, che non si milita ai confini europei, come lo stesso Elmas (dal Fenerbahçe di Kim) e soprattutto il georgiano Kvaratskhelia, da mago col cilindro (proveniente dalla Dinamo Batumi). 

Tra i top acquisti non possiamo non citare Zielinski, pagato a 21,4 milioni. (oggi ne vale 40 milioni), capitan Di Lorenzo, 9 (oggi 25 milioni), Osimhen che ha raddoppiato (oggi ne vale 100 milioni), Kim 19,5 (oggi 50 milioni) e infine Kvara arrivato per 11,5 milioni e che oggi ne vale 85. 

“SONO NATO IN UN BAR, QUELLO DI MIO NONNO, DOVE SI MANGIAVA PANE E CALCIO FIN DA BAMBINI, POI QUESTA GRANDE PASSIONE SI È SVILUPPATA, TRASCURANDO QUELLA CHE ERA LA VOLONTÀ DEI MIEI GENITORI. LORO MI VOLEVANO DOTTORE O ARCHITETTO. MA IO VEDEVO SOLO IL CALCIO. DA CALCIATORE NON AVEVO GRANDI DOTI, MA LA VOLONTÀ MI HA FATTO ANDARE AVANTI, ANNULLANDO I MIEI DEFICIT FISICI E TECNICI. MENTRE GIOCAVO FACEVO ANCHE L’ALLENATORE NEL SETTORE GIOVANILE. AVEVANO APERTO UNA SCUOLA CALCIO INTERNAZIONALE E IO MI DIVERTIVO A FARE CAMP IN TUTTO IL MONDO. TEMPO FA HO RITROVATO UN ARTICOLO DI GIORNALE DEL 1996 IN CUI, A 24 ANNI, DICEVO CHE LA MIA GRANDE ASPIRAZIONE ERA FARE IL DIRIGENTE SPORTIVO.” 

Queste le sue parole, in un’intervista rilasciata nel 2019 ai microfoni di Sky Sport. Quelle di un uomo, in cui destino sembrava essere già scritto. Un uomo che ha lavorato dietro le quinte, prendendosi poi una sonora e meritata consacrazione. Perché avere coraggio, puntare così in alto, non è per chiunque. E questo, Cristiano Giuntoli, lo sa bene.