E’ solo una mamma, Stefania Fiorentino. Una mamma come tante, con una vita impegnata, un marito affettuoso, e una splendida bambina, Bea, una figlia che lei vuole accudire e proteggere, come fanno tutte.
Bea non è una bimba qualsiasi: è speciale nella sua rarissima, sconosciuta malattia, che le blocca la crescita e le calcifica le giunture irrefrenabilmente, trasformandola a poco a poco in una “bambina di pietra”. Così è conosciuta Stefania, come la mamma della bambina di pietra, una sorte che sembra spietata, ingiusta, un dolore che corre il rischio di pietrificare anche la volontà della famiglia di andare avanti, di non perdere la speranza.
Ma neanche Stefania è una mamma qualsiasi: ha un coraggio e una forza fuori del comune, mantiene inalterato uno splendido sorriso sul suo volto ancora da bambina e lotta come una leonessa per smuovere l’attenzione pubblica alla ricerca di una cura, un qualsivoglia rimedio che possa garantire a sua figlia una prospettiva di vita.

Il mondo di Bea: così s’intitola la pagina aperta su Facebook da Stefania stessa, una finestra sul mondo di sua figlia affinché tutti possano conoscerla, e una onlus che si occupa delle patologie più rare, quasi del tutto ignote; video, immagini, post pieni di sorrisi, di voglia di guardare al futuro, per regalare un domani anche là dove il domani sembrerebbe sconfitto in partenza.
E’ passato poco più di un anno da quando la città di Torino si era messa all’opera per dare il proprio contributo. Il 22 maggio del 2016 è stato infatti disputato il Terzo Derby dell’amicizia, evento benefico organizzato allo scopo di far conoscere quanto più possibile delle problematiche di Bea, e in più per focalizzare il progetto Cittadella, atto a riportare all’attività sportiva bambini reduci da degenze ospedaliere lunghe e desiderosi di ritornare ad una vita quanto più normale possibile.

La battaglia che Stefania combatte, tuttavia, non è soltanto per la figlia. Accanto al dramma della sua bambina si aggiunge quello personale, un tumore al seno che le richiede doppia energia, doppia forza e doppia speranza: tutto più faticoso, ma sempre con un sorriso, denominatore comune in questa sua vita breve e costellata di dolore. Quello stesso sorriso che per un attimo le ha fatto sperare di aver vinto almeno il cancro, in maniera tale da ripulire per bene l’armatura e da concentrarsi soltanto sulla guerra in nome di Bea.

Invece non ce l’ha fatta, Stefania. Il cancro l’ha portata via a soli 35 anni, lasciando in noi un senso di vuoto e di ingiustizia indescrivibili: qualsiasi cosa detta a proposito, in questo momento, appare totalmente priva di significato.
Preferiamo pensare allora che la vita di Stefania non sia una tragedia, ma piuttosto un insegnamento per tutti coloro che si scoraggiano per molto meno, per la sua stessa bambina che ha avuto la fortuna di vivere con una madre del genere, per ricordare sempre come nulla di bello o di positivo sia scontato, e come nulla di doloroso dovrebbe essere affrontato senza un sorriso.

 

Daniela Russo