Finalmente -si ode e si legge a più parti-, le calciatrici saranno riconosciute professioniste. 

A generare entusiasmo è stata l’approvazione del Senato di un emendamento che riguarda (solo) 4 sport (tra cui il calcio) e che prevede, da qui a 3 anni, uno sgravio fiscale a favore dei club che faranno stipulare un contratto di lavoro sportivo restando nei limiti di 30.000€ all’anno.

Nell’articolo, nel quale informavamo riguardo l’iniziativa, è spiegata la proposta approvata:

Professionismo, ci siamo quasi

Questo il testo dell’emendamento:

«4-bis. Al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile ed estendere alle atlete le condizioni di tutela previste dalla legge sulle prestazioni di lavoro sportivo, le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo, ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91, possono richiedere per gli anni 2020, 2021 e 2022, l’esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l’assicurazione obbligatoria infortunistica, entro il limite massimo di 8.000 euro su base annua.».

Un provvedimento di certo all’avanguardia ma che di fatto non porta automaticamente al professionismo.

Anzi, il timore è che questo emendamento possa portare ulteriore ritardi (o serva per prendere ancora tempo) a quello step decisivo che ha a che fare con la famosa legge dell’81.

Si tratta, dunque, di un passo importante per il calcio femminile ma il professionismo è un’ altra cosa.

In parole povere, pur prendendo atto che -per fortuna- si è sentita l’esigenza di cambiare qualcosa a livello politico, le calciatrici italiane restano ancora dilettanti e la ‘patata bollente’ passa alla Federazione cui spetta la decisione ultima sul passaggio al professionismo. 

Ci si augura che l’incentivo si trasformi in scelte concrete.

azzurre calcio femminile
immagine – fonte: profilo twitter ufficiale Nazionale Femminile di Calcio – @AzzurreFIGC
https://twitter.com/AzzurreFIGC

Come se non bastasse, a non convincere del tutto, in questa mossa rivoluzionaria è anche la mancata introduzione di un tetto minimo salariale e di un consistente aumento del massimo salariale. Il sistema di retribuzione per le calciatrici che giocano nella Serie A italiana prevede che gli ingaggi non superino il tetto dei 30.658,00 euro lordi a stagione (a cui si sommano le indennità di trasferta, i rimborsi spese forfettari, le voci premiali e i bonus -per lo più appannagio dei pochi top club per blindare le proprie stelle-).

Ciò, oltre a rimarcare un evidente (e incolmabile) gap rispetto al calcio maschile, non fa compiere quell’apertura verso campionesse internazionali che difficilmente saranno disposte a scegliere l’Italia mettendo, dunque, un freno all’appetibilità e alla crescita di livello dei campionati. 

Bene ma non benissimo perchè la strada da percorrere sembra essere ancora lunga… sperando che, questo step sia solo l’inizio e non un rallentamento del cammino verso il vero traguardo chiamato professionismo.